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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:21.

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È una delle regie più pensate e coerenti, quella del Ballo in maschera alla Scala firmata da Damiano Michieletto, contestata dalla maggioranza del teatro la sera del debutto. Tanto osteggiata (con volantini stampati, a dare il segno di un giudizio premeditato) da obbligare a un ragionamento radicale sul teatro in musica. Nessuna critica invece alla prova modesta dell'Orchestra, diretta da uno smarrito Daniele Rustioni, spappolata e senza una linea interpretativa, con errori vistosi anche agli archi, sulle linee tematiche: stonare sulla melodia di La rivedrà nell'estasi non è tanto una svista, ma pericolosa caduta di qualità.
Al giro di boa dell'anno del Bicentenario Verdi, possiamo tirare un rapido commento sulle proposte scaligere: bene la successione varia e articolata delle regie, male la carrellata dei direttori. Il Ballo in maschera, presentato in forma di concerto da Antonio Pappano a Roma, poche settimane fa, con l'Accademia di Santa Cecilia, al confronto sembrava eseguito da Karajan. E così il Macbeth del Maggio musicale fiorentino, con James Conlon. O la Traviata del San Carlo con Roberto Abbado. Per non dire del concerto antologico di Riccardo Muti a Mirandola, gesto simbolico nelle zone terremotate, con due formazioni di ragazzi, la Cherubini e Fiesole, sorprendente per suono, professionalità e invenzione musicale. Lissner ha portato una ventata di costante novità sul palcoscenico della Scala. Ma la buca oggi è in totale disarmo. Alexander Pereira, presente alla prima del Ballo, scelga bene la prossima guida dell'orchestra: ci vuole un costruttore ferratissimo, e dai musicisti la voglia di ricominciare a lavorare.
Anche la compagnia dei cantanti risentiva della fragilità dell'impostazione musicale: con uno spettacolo tradizionale, sarebbero andati tutti allo sbaraglio. Invece per fortuna (ci spiace per i fischiatori) la regia piena di idee drammaturgiche, studiata sul profilo interiore di tutti i personaggi e sul magnifico serrato intreccio emotivo della vicenda - attualissima, come sempre: perché la grande arte parla sempre al presente - interveniva legando insieme gli interpreti, per lo meno sotto il profilo teatrale.
Così Marcelo Alvarez, perfetto timbricamente per il ruolo di Riccardo, tenore ideale per il Verdi post-trilogia popolare, corposo e brunito, restituiva tutta la contraddittorietà del protagonista Riccardo, qui (ma anche in Verdi) politico americano, spavaldo e ingenuo, cieco sui complotti alle sue spalle, stupidamente ancora innamorato di quella che è diventata la moglie del suo braccio destro: lui Renato, lei Amelia. Con un direttore più autorevole, «Ma se m'è forza perderti», la Romanza più toccante del dramma, testimonianza del vero cambiamento che ha prodotto in Riccardo l'aver incontrato di nuovo Amelia, avrebbe potuto essere cantata sotto voce. Sincera confessione dell'anima. Non stentorea, all'aria aperta, di fiati corti e piena di accenti non scritti.
Raramente, in tutti i "Balli in maschera" visti, si è avvertita tanto urticante e violenta la tenaglia del triangolo amoroso classico del melodramma: Zeljko Lucic ha tutta la nobiltà sfaccettata del baritono verdiano. Anziano lo vuole Michieletto, che veste in tailleur e perle (Carla Teti firma gli abiti) anche Amelia, Sondra Radvanovsky, soprano monolitico. Gran motore, ma da plasmare sulle morbidezze del canto italiano. Ulrica, la maga, qui santona in una scena inquietante, era affidata a Marianne Cornetti, straordinaria attrice. Peccato per Patrizia Ciofi, senza voce come impercettibile Oscar.
Michieletto, a quattro mani col suo scenografo, Paolo Fantin, sempre monumentale, sempre geniale, ci fa precipitare da una sala di partito, coi fanatici del Coro (ottimo Bruno Casoni) perennemente inneggianti con striscioni in mano, allo psicodramma familiare nello stesso interno, e poi, per finire, nell'abisso di un ballo dove le maschere sono le silhouettes decuplicate dei cartelloni pubblicitari del politico Riccardo. È lui quello che danza, solo, tra i fantasmi di sé.
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Un ballo in maschera di Verdi; direttore Daniele Rustioni, regia di Damiano Michieletto; Teatro alla Scala, fino
al 25 agosto

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