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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:16.

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La perdita di senso della storia è un serio problema del nostro tempo e questo spiega la sconnessione fra passato e presente che domina la società di oggi. Non solo in Italia, naturalmente, benché solo il nostro Paese abbia conosciuto la frattura traumatica di Tangentopoli, il baratro in cui precipitò un pezzo decisivo della classe politica e di fatto il sistema dei partiti come lo abbiamo conosciuto. Giuseppe Vacca muove da questa cornice nel suo ultimo saggio e mette in campo il suo robusto impianto di studioso gramsciano per catturare l'attenzione del lettore sul punto centrale: come ricostruire dalle fondamenta le istituzioni, cioè la Repubblica, nell'età in cui la mancanza di senso sfocia nel nichilismo dell'indifferenza? O, se si vuole, alimenta quell'ignoranza del passato che condiziona il presente e annienta il futuro. Per Vacca il problema si pone in modo urgente con il fallimento della Seconda Repubblica, se vogliamo chiamare così il contraddittorio e convulso ventennio berlusconiano. Per cui la sua analisi affronta un tema classico, ma autentico, quale la questione cattolica e l'esigenza del dialogo «fra credenti e non credenti» come base per una resurrezione repubblicana.
Si avverte nelle sue pagine il riflesso di tempi lontani, quando la politica sapeva interpretare e rappresentare la società e senza dubbio svolgeva la sua azione all'interno di una dimensione ben altrimenti drammatica. Ora, nell'era della frammentazione, si procede per tentativi e delusioni. E talvolta si perde di vista il confine fra crisi della politica e crisi della democrazia. Vacca attribuisce ai "media" una grande responsabilità nel venir meno della prospettiva storica, ma qui forse il suo è un giudizio ingeneroso. Già l'espressione "media" è troppo generica, nell'epoca in cui convivono i vecchi giornali stampati, la televisione e i nuovi, arrembanti "social network". E poi in molti casi i "media" sono lo specchio di una società che si è frantumata a monte: nella scuola, nelle organizzazioni sociali e politiche, nella mancanza di senso civico. Comunque sia, il lavoro di Vacca si compone di più livelli. Non si tratta di un solo, coerente saggio, ma di vari scritti: alcuni legati all'attualità più stringente, altri che ripropongono i temi cruciali del dibattito civile e culturale del Novecento, e in particolare del dopoguerra. Il filo conduttore è il rapporto fra cattolici e laici, o meglio fra credenti e non credenti, o meglio ancora fra Dc e Pci, finché queste due possenti formazioni hanno dominato la scena. Vacca riprende il giudizio in cui Giorgio Amendola rivaluta De Gasperi e anzi suggerisce il tema dell'"interdipendenza a geometria variabile" fra le due storie, quella democristiana e comunista.
È lo sfondo su cui cercare una chiave interpretativa del presente. Una chiave che sia figlia della storia, e non casuale gioco di prestigio mediatico. Non tutto è condivisibile nell'interpretazione storica qui proposta, ma quel che conta è lo spessore dello sforzo avviato. Nelle pagine di Vacca si affacciano Gramsci e Sturzo, De Gasperi e Togliatti, si avverte l'eco del grande compromesso politico che scandì la nascita della Repubblica e ne segnò il progresso. È riproponibile oggi, almeno in parte, quella chiave? Difficile dirlo. L'autore riproduce ampi stralci di una recente intervista del cardinal Bagnasco, in cui si si avanzava una nuova proposta di dialogo. E, d'altra parte, prende le distanze da un articolo di Galli Della Loggia di un paio d'anni fa, in cui si sollecitava la Chiesa a sostenere, in chiave di bipolarismo, una destra post-berlusconiana fondata su valori in cui i cattolici possono riconoscersi. Ma la questione resta controversa, specie dopo il parziale insuccesso di Monti. Vacca è lontano dalla tesi di Galli della Loggia e peraltro gli eventi recenti, prima e dopo il voto del 24 e 25 febbraio, descrivono uno scenario in parte nuovo. Il Pd di Bersani non ha vinto e il partito è di nuovo in crisi d'identità. La fine del berlusconismo è in atto ma è ancora indecifrabile. Nel mezzo della recessione, abbiamo un precario governo di larghe intese, mentre sulla scena ha fatto irruzione il fenomeno di Papa Francesco. Tutto cambia, ma con quale esito non sappiamo. Alla domanda di Vacca (moriremo democristiani?) non c'è ancora una risposta certa.
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Giuseppe Vacca, Moriremo democristiani?, Salerno, Roma,
pagg. 234, € 13,00

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