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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 11:49.

Michael Bay folle e geniale - Foto

Un venerdì così gustoso, in pieno luglio, non capitava da parecchio. E vale la pena iniziare, subito, con due gioiellini insospettabili. Varrebbe la pena di tirar fuori la parola geniale per Pain & Gain- Muscoli e cervello di Michael Bay. L'uomo dei kolossal fracassoni e opulenti, dei Transformers e di Pearl Harbor, qui si concede una storia piccola piccola. Si fa per dire: nel cast troviamo comunque Mark Wahlberg, Dwayne Johnson e persino Ed Harris, e il budget è ridotto solo per Hollywood, visto che parliamo di 20 milioni di dollari.

Ma è comunque un bel passo indietro per chi di solito lavora solo con una somma di dieci volte maggiore. E meno male, aggiungiamo: perché anche grazie a questo Bay per una volta fa un film su una storia (vera e assurda), si ingegna a narrare e non solo a mostrare, scopre un'autoironia che forse non sapeva di avere. Il sogno americano demolito da tre culturisti tanto stupidi quanto fortunati non è solo un surreale, anarchico, divertentissimo attacco alla società delle apparenze statunitense, ma anche un film d'azione e di parodia che va contro molti dei film fatti dall'autore stesso. Questo lo rende speciale, la capacità che Bay ha di giocare con le icone di plastica di una società in declino e con quelle di un cinema di cui è primo alfiere.

E per quanto potrà sembrarvi folle e sgangherata quest'opera, guardatela con la leggerezza e l'acume con cui l'ha girata lui. La capirete e la troverete irresistibile. Come vi piacerà, sia pur meno, Facciamola finita. Seth Rogen e Evan Goldberg si mettono alla regia e anche davanti alla macchina da presa, per dirci cosa succederebbe se l'Armageddon (titolo di un film di Bay, guarda un po') colpisse Los Angeles mentre Seth, in persona, il suo amico Jay Baruchel e la giovane Hollywood che conta fossero in un party scatenato a casa di James Franco.

Rogen, sempre più autore, non ha la forza dirompente di Bay, ma ritrae anch'egli un mondo, il suo, che ha bisogno di essere preso in giro. E soprattutto di prendersi in giro. Il pretesto dell'Apocalisse concede a tutti la possibilità di redimersi, raccontarsi, demolirsi. Un autoritratto spietato, quasi horror e molto divertente della generazione Apatow del cinema americano: quella sarcastica e ribelle che fa capo al mitico Judd. Il difetto è che si rimane troppo sulla trovata, sul soggetto interessantissimo, senza svilupparla come potrebbe. Ma non va perso comunque.

Non è male neanche The Lost Dinosaurs: bella l'idea del documentarista Sid Bennett di usare la tecnica del found footage (recentemente usato da un asso come Barry Levinson per The Bay e nata con The Blair Witch Project, di cui si dichiara debitore fin dal titolo originale, The Dinosaur Project). All'inizio un cartello ci dice che ci sono 100 ore di girato trovato da dei pescatori africani. Gli 82 minuti che vediamo noi sono il montato che ne è derivato. All'inizio, non fosse per il titolo, ci cascheresti, ma comunque questo mockumentary che scimmiotta Jurassic Park passa l'esame. Ottime le idee visive, buona l'emotività tra i personaggi, fluida la narrazione. E ovviamente la possibilità che dei dinosauri ancora si nascondano in Congo ai giorni nostri è troppo ghiotta.

Deludente, invece, Alex Cross. Poliziesco con serial killer vendicativo, ci mostra un plot così abusato che non lo accetterebbero più neanche al mercato delle pulci e con un cast dal carisma prossimo allo zero. Persino il serial killer è un estemporaneo divo dimenticato da un pezzo, Matthew Fox, per non parlare del comprimario Jean Reno, sempre più imbolsito e improbabile.

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