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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2013 alle ore 08:47.
Manhattan deriva da Mannahatta, parola appartenente alla lingua degli indiani Lenape, antichi abitanti del luogo, che significa «isola dalle molte colline». Gli indiani avrebbero anche potuto chiamarla, asserisce Marguerite Hollaway in The Measure of Manhattan, «isola dai molti ruscelli». Entrambe le espressioni avrebbero evocato la realtà che apparve ai primi esploratori bianchi guidati da Henry Hudson nel 1609 (i primi a scriverne, benché Giovanni da Verrazzano avesse già ispezionato quella costa nel 1524): la realtà di «un'isola verde e lussureggiante, fitta di foreste, patria di orsi, aquile e aironi, con ventuno laghi, circa diecimila specie e 55 comunità ecologiche - fra cui spiagge sabbiose, prati, paludi, polle stagionali e querceti».
All'inizio dell'Ottocento l'isola era molto cambiata. I coloni olandesi, arrivati negli anni 1620, vi avevano introdotto l'agricoltura, le mucche e i maiali, con «un massiccio effetto sugli ecosistemi in termini di concorrenza, malattie e infestanti»; entro la fine del diciottesimo secolo i Lenape avevano tolto il disturbo. All'estremità sud, l'isola era popolata da una colorita e rissosa comunità di fattori, proprietari terrieri e mercanti, propensi a «dividersi la terra con strade progettate da loro stessi» e a scatenare i cani contro gli intrusi. C'era ancora un passo da fare perché la città si avviasse a diventare il posto «dove la gente non pensa che la natura esista». Alla natura bisognava sovrapporre un piano di assoluta, illuministica razionalità.
Il protagonista del libro di Holloway è John Randel Jr., un geniale, ambiziosissimo topografo e ingegnere che fra il 1808 e il 1821, incaricato dal consiglio comunale, eseguì una capillare analisi del territorio di Manhattan, riportandone nelle sue mappe ogni dettaglio e dividendolo in una griglia regolare, con 155 strade larghe 18,3 metri (60 piedi) e distanziate di 61 (200 piedi), e dodici viali (avenues) larghi 30,5 metri (100 piedi) e ad angolo retto con le strade. Ogni strada più un isolato adiacente sommava dunque a 79,3 metri (260 piedi) e venti di queste unità davano quasi esattamente un miglio (che equivale a 5280 piedi). Chiunque abbia passeggiato per Manhattan avrà fatto esperienza della rigorosa prevedibilità con cui vi sono scandite le distanze, suggerendo uno spazio totalmente sotto controllo.
Già all'epoca l'approccio di Randel fu criticato in nome dell'emergente sensibilità romantica. Clement Clarke Moore, un residente dell'attuale rione Chelsea, scrisse in un pamphlet pubblicato nel 1818 che le autorità «non sembravano avere altra nozione di bellezza o di eleganza che linee rette e superfici piatte» e che lasciate a sé stesse «avrebbero raso al suolo i sette colli di Roma». Ma, nonostante le proteste, la griglia fu disegnata e, quel che più conta, realizzata nei decenni successivi. Randel lavorava ancora in mezzo a lagune e pendii, costretto talvolta a immaginare la prosecuzione di una via al di là di un corso d'acqua («la 36esima strada finisce nel fiume», scriveva sul suo taccuino); ma procedeva con una precisione e un impegno straordinari, operando giorno e notte e inventando strumenti di misurazione più adeguati di quelli allora disponibili. Come conseguenza di tanta attività, e delle mappe e dei piani che ne risultarono, stagni furono riempiti, colline abbattute e gradualmente l'astratta griglia ideata da Randel fu occupata da costruzioni concrete. Nel 1830 la città aveva raggiunto la quattordicesima strada; alla metà degli anni 1850 la quarantaduesima; nel 1870 la 125sima.
Verso la metà dell'Ottocento, un movimento di ritorno alla natura si affermò negli Stati Uniti; a New York, condusse alla creazione di Central Park da parte di Frederick Law Olmsted. Ma non si trattava di una nuova oscillazione nel confronto fra l'essere umano e il suo ambiente; era invece il trofeo di una battaglia vinta. A una natura non più percepita come minacciosa si erigevano monumenti che testimoniavano della sua riduzione a modello arcadico, a idea estetizzante. «Central Park è architettura di paesaggi»: natura più che mai al servizio dell'uomo.
John Randel morì in miseria nel 1865, dopo aver sperperato l'unico patrimonio che aveva acquisito: una somma di 230 mila dollari (oltre sei milioni di oggi) vinta in giudizio contro la Chesapeake & Delaware Company che lo aveva licenziato. In pochi oggi lo ricordano, ma il suo contributo alla "razionalizzazione" del territorio fu instancabile. Dopo Manhattan, si dedicò a canali, ferrovie e infine, tornando a New York, a una sopraelevata metropolitana. Più di chiunque altro, Randel attraversò con il suo talento visionario e il suo ossessivo perfezionismo tutte le principali avventure che hanno trasformato un continente selvaggio in un'enorme, addomesticata graticola. Nella quale, eventualmente, trovar posto qua e là per isole di una natura ricostruita a tavolino, simile solo in apparenza a quella verde e lussureggiante incontrata dal capitano Hudson.
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Marguerite Holloway, The Measure of Manhattan: The Tumultuous Career and Surprising Legacy of John Randel Jr., Cartographer, Surveyor, Inventor, Norton, New York, xii+372, $26,95