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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2013 alle ore 13:10.

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Furti d'identità e onde gigantesche per il weekend in sala - Foto

Dall'horror alla commedia: se la scorsa settimana sono arrivati nelle nostre sale diversi prodotti costruiti ad hoc per spaventare lo spettatore, in primis «La notte del giudizio» di James DeMonaco, questo weekend torna protagonista il cinema più leggero e spensierato.

Il film di maggior richiamo tra le (pochissime) nuove uscite è «Io sono tu» di Seth Gordon.

Al centro della vicenda Diana (Melissa McCarthy), una donna che acquista tutto quello che colpisce la sua fantasia, come se disponesse di fondi illimitati. C'è solo un piccolo inconveniente: la carta di credito che utilizza porta il nome di "Sandy Patterson", un rappresentante finanziario, interpretato da Jason Bateman, ignaro di essere stato derubato della propria identità.

Dopo il successo commerciale di «Come ammazzare il capo… e vivere felici» del 2011 (più di 200 milioni di dollari guadagnati nel mondo), la coppia Seth Gordon-Jason Bateman si conferma, con «Io sono tu», una sicurezza ai botteghini: 135 milioni di dollari guadagnati sul suolo americano a fronte di una spesa di "soli" 35.

Diverso il discorso sull'effettiva qualità di un film che (come il precedente del regista) parte forte, con un ottimo ritmo, ma finisce molto presto per spegnersi.

La sensazione è che «Io sono tu» viva unicamente degli scambi verbali tra i due protagonisti: le singole battute sono efficaci, mentre la trama procede a rilento e si dilunga eccessivamente nelle quasi due ore di durata.

I momenti divertenti rischiano così di perdersi all'interno di una struttura narrativa poco omogenea e ancor meno costante, perennemente indecisa su quale sia la giusta strada da prendere.

Piccola curiosità: in origine, la sceneggiatura (scritta in varie fasi da Jerry Eeten e Craig Mazin) prevedeva un attore di sesso maschile al fianco di Bateman, ma, dopo aver scoperto la vulcanica Melissa McCarthy ne «Le amiche della sposa» (2011) di Paul Feig, quest'ultimo ha convinto il regista a farla diventare la sua "ladra d'identità".

Toni decisamente diversi sono quelli di «Drift», pellicola australiana diretta da Ben Nott e Morgan O'Neill con Sam Worthington.

Ambientato negli anni '70, il film racconta la vita di due fratelli che, nel pieno della rivoluzione hippie, hanno una sola grande passione: cavalcare onde gigantesche. Si scontreranno con diversi imprevisti pur di realizzare il proprio sogno: trasformare il surf da un passatempo per pochi a un'industria globale.

Tratto da una storia vera, «Drift» è scandito in varie stagioni, che corrispondono a diverse fasi dell'evoluzione del popolare sport acquatico: esattamente come «Un mercoledì da leoni» (cult del genere, diretto da John Milius nel 1978), che appare più di una semplice ispirazione.

La coppia di registi dimostra buona tecnica di base, attraverso una messinscena semplice e funzionale, seppur molto guardinga nel prendere rischi.

Piuttosto elementare anche nella narrazione e nella caratterizzazione dei personaggi, è un film pensato per i nostalgici del periodo e per surfisti incalliti.

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