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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2013 alle ore 19:26.

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Silvio OrlandoSilvio Orlando

Sono due autori che di fatto il Festival del Film Locarno ha scoperto e coccolato. Parliamo di Quentin Dupieux, che conquistó prima Cannes e poi proprio Piazza Grande con Rubber, e poi è tornato in Ticino prima con Wrong e ora con Wrong Cops, programmato di nuovo sullo schermo più grande d'Europa. E lo stesso vale anche per Bruno Oliviero che si fece applaudire nella sezione Cineasti del presente nel 2008, quella più audace e seperimentale, con Piazza Municipio, documentario che ha in qualche modo riscritto la grammatica cinematografica del genere con immagini, suoni e intuizioni prima raramente considerati. E con uno sguardo personalissimo sulla realtà.

I ritorni, a volte, sono minestre riscaldate, ma non in questo caso.
Applauditissimo è stato Quentin Dupieux – per molti conosciuto nella sua veste musicale, Mr. Oizo, e per quell'animaletto giallo protagonista di un videoclip cult -, che lascia il proscenio ai suoi attori e al produttore e, come fa da qualche anno a questa parte, si nega al pubblico. Ma basta il suo demenziale, scorrettissimo, folle Wrong Cops per non farci sentire la sua mancanza.

La storia di un gruppo di poliziotti improbabili da Far West moderno, senza regole se non quelle scritte da chi ha la pistola. C'è chi come Mark Burnham è uno sbirro colossale che pensa bene di spacciare marijuana nascosta dentro ratti morti e che spara, per caso, ai vicini di casa, c'è il collega che tira fuori l'arma d'ordinanza per ordinare ad avvenenti cittadine di mostrargli i seni, la bionda tutrice dell'ordine che ricatta, per una foto gay, un collega. E così via, fino a un funerale assurdo, ritrovamenti improbabili in giardino, divi "fumati" (Eric Roberts) e giovani appassionati di musica traumatizzati (Marilyn Manson). Una banda di matti che disegnano un mondo allucinato e allo stesso tempo più probabile di quello che vorremmo ammettere. Dupieux, infatti, con la regia scorretta almeno quanto i suoi dialoghi e le battute fulminanti, mette insieme fino al parossismo i difetti umani, che comunque esistono e resistono in ogni società e che qui assumono una connotazione grottesca e demenziale. E nonostante l'autoreferenzialità – tutte le musiche, fantastiche, sono del regista e il film che vedono la figlia e la moglie del poliziotto gay è proprio il suo Rubber -, o forse anche per merito di essa, le risate sono assicurate, insieme a un certo disagio. L'unico dubbio che viene è che, forse, la dimensione del lungometraggio non è la più adatta a questo tipo di racconto, e che forse sarebbe stato meglio fare un sequel del corto di 30 minuti omonimo da cui è tratto questo film. Corto scaricato da mezzo milione di persone su iTunes, tanto per capire la portata del fenomeno.

Gran bel ritorno è stato anche quello di Bruno Oliviero. La variabile umana è un bel noir sociale in cui l'ispettore Monaco – un eccellente Silvio Orlando, finalmente in un personaggio pieno di ombre e difficoltà di vivere – si ritrova a dover indagare, dopo la morte della moglie, su un omicidio che coinvolge un giro di escort minorenni e un costruttore molto famoso. Sembra una storia che conosciamo già, ma l'opera del cineasta partenopeo è stata scritta prima. Con lui indaga anche un bravo Giuseppe Battiston. Le atmosfere di una Milano "sbagliata" sono molto forti, la regia sa creare una tensione e una potenza visiva rara nel cinema italiano, il disagio di una società alto borghese e corrotta trapelano tra le fila di una tessitura (melo) drammatica e di genere azzeccata. Ecco perché dispiace che l'immaturità inevitabile dell'esordiente e promettente Alice Raffaelli – viso bellissimo e perfetto per il suo ruolo -, si senta nel monologo finale e che la sceneggiatura sia troppo esile, cosicché un buon film rimane senza il guizzo per diventare un vero e proprio gioiello. Ma Oliviero con questo lavoro dimostra di poter occupare un posto, nel nostro cinema, che altri evitano e che invece potrebbe essere un luogo artistico prezioso. Per noi spettatori e per lui. Da applausi Silvio Orlando che sa comunicarti, con pochi gesti, parole e sguardi la disperazione dignitosa di un uomo che si nasconde dietro la legge per combattere la sua inadeguatezza di padre e, forse, di uomo. C'è tutto il suo talento in quell'uomo che ci strazia con i suoi sforzi per resistere al mondo che lo ha amareggiato al punto da annichilirlo. O quasi.

Se il buongiorno si vede dal mattino, insomma, il neodirettore Carlo Chatrian sta dimostrando di aver messo su, finora, un programma di grande valore.

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