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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2013 alle ore 08:48.

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Il 16 luglio il Comune di Bosa, in provincia di Oristano, approvava all'unanimità la candidatura dei 50 chilometri di costa fino ad Alghero a patrimonio mondiale dell'umanità. Si trattava solo di avviare la pratica e ottenere l'approvazione, scontata, di Villanova Monteleone e Alghero. La Lega italiana per la protezione degli uccelli (Lipu) e il Gruppo d'intervento giuridico (GriG) avrebbero volentieri dato una mano. Però un patrimonio va tutelato e dal 2003 erano in corso trattative tra il Comune e la Condotte Immobiliare S.p.A. che intendeva edificare 250 mila metri cubi di "residenze stagionali" sui 230 ettari di sua proprietà nei punti più spettacolari della Costa dei Grifoni: Torre Argentina, Tentizzos, S'Abba Druche, fra rocce bianche e rosa in mezzo alla lava scura, calette di sabbia e macchia mediterranea. E alla foce del fiume Temo che attraversa Bosa, appena restaurata in toni pastello a smentire l'austerità della fortezza che la sovrasta.
Il progetto non attirava abbastanza investimenti e ricompariva un anno fa, più modesto: meno di 100 mila metri cubi, niente casermoni come quello in costruzione, battezzato affettuosamente «il topo senza coda»: villette a schiera, alberghi di lusso e, per spalmare il turismo oltre luglio e agosto, un campo da golf da 65 ettari e 18 buche. In cambio di cinquemila posti per lavoratori edili da qui al 2020 e dopo 500 posti per addetti ai servizi. Un patto conveniente, pensava la maggioranza dei bosani. Una legge regionale del settembre 2011, infatti, prevede incentivi per la creazione di 24 campi da golf e 3 milioni di metri cubi di edifici annessi. Ma è stata impugnata dal Governo per "illegittimità costituzionale" perché modifica unilateralmente i piani di salvaguardia del territorio. Il 22 luglio scorso, il consiglio comunale discuteva quindi una nuova proposta della società che prevede due progetti, da 75 mila metri cubi o un po' meno nel caso la legge venga annullata. Questa volta i bosani scontenti erano presenti in massa. Colpa della Lipu, del GriG e soprattutto dei grifoni, dei figlioli e dei turisti. Immensi, fulvi con il collo e la testa bianca che emergono da una gorgiera dorata, i primi nidificano in comunità a ridosso del futuro golf.
Sono gli unici rimasti sull'isola, dopo l'estinzione dell'avvoltoio degli agnelli e dell'avvoltoio monaco. Gli scolari portati in gita a vedere con i propri occhi «La Sardegna, prima regione d'Europa per la biodiversità», sanno tutti che i grifoni vanno osservati da lontano e in silenzio. Ci mettono da febbraio a luglio a covare e allevare l'unico figlio e non tollerano il cemento, gli umani che si agitano, fanno rumore o sparano palline da golf.
Al comitato Salviamo Tentizzos per Bosa, i turisti scrivono che sono "innamorati" della litoranea fra Bosa e Alghero. Né una villa sardo-moresca né un villaggio in finto adobe del New Mexico in vista, solo il profumo del cisto e i grifoni inaspettatamente socievoli tra loro e premurosi con i piccoli, così brutti con quel testone più grande del corpo, così ridicoli quando iniziano a camminare e inciampano nelle ali. Della strada è innamorato anche Quirico Migheli, docente di Patologia vegetale all'Università di Sassari che inaspettatamente protesta pure lui: «la percorrevamo ogni estate con mio padre per vedere fino a dove fosse arrivato il cantiere. Si incrociavano solo vacche, capre, cinghiali, pernici...» Oggi ci torna con i figli «in ogni stagione, per ammirarne i colori cangianti e le armoniose sinuosità. Non ci sono viadotti: che meraviglia ingegneristica!»
Ne ama i grifoni, certo, e le aquile, i falchi pellegrini, le lucertole, la cipolla selvatica, l'euforbia velenosa, certe piante coriacee che vivono di poche gocce di rugiada. A proposito, professore, quanta acqua consumerà il golf? L'impatto ambientale non è il suo ramo, ma si aspettava la domanda. «Per 65 ettari, in linea teorica, ci vorrebbero quasi un milione di metri cubi/anno. Però nei golf delle zone aride, ormai si tende a irrigare solo il percorso inerbito. Dai 100 ai 200 mila metri cubi, direi, a seconda del tipo di tappeto erboso utilizzato.
Sempre che vogliano lasciare il resto a macchia mediterranea, naturalmente». Uno sproposito per chi ha in mente gli esili ruscelli che alimentano il Temo. Concorda, «bisognerà attingere dalla falda». Così il livello si abbassa, rischia di entrarci acqua di mare. «Possibile». E per i fertilizzanti? Beneducato, non manda la cronista al diavolo e azzarda una stima: «30 tonnellate di azoto/anno per l'intero impianto, su una superficie concimata di 20-30 ettari. L'azoto naturalmente può andare in falda e in zona costiera proseguire verso il mare». A fertilizzare le alghe. Altri fitofarmaci? «Se usano una specie macroterma, una gramigna per esempio – ci sono delle varietà migliorate ben adattate a climi aridi – non dovrebbero esserci problemi di patogeni e quindi l'input di fungicidi è praticamente nullo. Se invece usassero le classiche specie da tappeto erboso, più sensibili alle infezioni, i trattamenti con fungicidi, così come il consumo idrico aumenterebbero esponenzialmente. Ma non penso siano così sciagurati».
Per ora la sciagura è il rendering della futura «Bosa Colores», in mostra sul sito della Condotte Immobiliare: vialoni asfaltati da periferia del Midwest e schiere di scatole marroni fanno rimpiangere le ville sardo-moresche e il finto adobe del New Mexico.
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