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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2013 alle ore 11:23.
Un enorme equivoco. Come quelli che leggevano Ellis e poi si appassionavano alla pratica dell'omicidio seriale. Come quelli che guardavano Top Gun e giravano vestiti da aviatori senza aeroplani. Come quelle che guardano Sex and the City e pensano che si parli di donne e compulsività e allora si vestono come Carrie Bradshaw e girano per locali parlando ad altissima voce di sesso, di misure e di crisi del maschio. Come quelle che guardano Sex and the City e pensano che sì, Milano non è l'America, però le collezioni di Sarah Jessica Parker arrivano fino a qui e allora cosa costa fare shopping quando non costa o costa poco? Di cosa parliamo quando parliamo della lezione di Candace Bushnell, creatrice dell'universo parallelo di Sex and the City, il pianeta in cui gli uomini hanno per davvero il cazzo piccolo e lasciano le donne con un post-it o con un sms? Parliamo di fine ultimo della creazione, dell'inversione dei ruoli, di contemporaneità femminile? No, niente di più sbagliato. Sex and the City parla di noi, non c'è nemmeno bisogno di fraintendere o di particolari egotismi maschili, la serie più celebrata e venerata dalle lavoratrici in tailleur di tutto il mondo racconta di come noi uomini siamo in grado di produrre mostruosità senza particolare intenzione, di come il battito d'ali di farfalla squassa l'altra metà del cielo, di come quattro casalinghe combattono le loro guerre domestiche e svelano misteri all'apparenza insolubili tra un tradimento e l'altro. No, quello è Desperate Housewives, che vallo a spiegare al maschio medio la differenza tra un plot incentrato sullo shopping come risoluzione dei mali del mondo e la storia di quattro casalinghe di cui una è la moglie di una superstar dello sport professionistico e in cui comunque il senso della narrazione è che proprio tu, maschio medio, sei inevitabilmente un bavoso, una vittima mediamente (appunto) inconsapevole di pulsioni belluine e l'oggetto di altro genere di shopping compulsivo. Insomma, uno ci prova a guardare Sex and the City perché ha un amico che lo ha seguito assiduamente insieme alla propria compagna e dice che si è divertito molto e che ne hanno parlato molto e che in qualche modo è stato istruttivo e allora ecco che già dalle prime immagini il ricordo struggente di un tempo che fu sostituisce l'attualità della giornalista di moda Carrie Bradshaw perché ti viene in mente una cosa che proprio non puoi fingere di ignorare e non sono le gravidanze senza-perdere-la-linea della Parker e nemmeno l'eccezionale pochezza dei pezzi con cui ella si dovrebbe guadagnare la vita nella finzione scenica (e che in voice over si premura di leggerci), ma il fatto che quella lì è Rusty. Sarah Jessica Parker interpretò Rusty in Footloose, non-kolossal di metà anni Ottanta. Ora, se hai interpretato la bruttina Rusty, simpatica maschiaccia di provincia, il tuo percorso artistico potrebbe essere segnato. In Italia lo sarebbe. Tipo, sei stato Mitzi nei Ragazzi del Muretto? Affari tuoi, non importa se fai venticinque stagioni di Un posto al sole, resti Mitzi. Sei stato Abatantuono in un film? Resti Abatantuono in tutti i film della tua vita, l'immutabilità della specie rassicura lo spettatore. Invece no, la Parker fu monella e ti si ripresenta nei panni di una giornalista di moda, un mestiere che le donne facevano molti anni fa quando nessuno si era ancora fotografato i piedi con il telefonino e quindi non esistevano le fashion blogger e tutta questa specie di cose che ora renderebbe Sex and the City un prodotto obsoleto quasi quanto le spalline di certe giacche e le toppe dello Schott di Tom Cruise (per tacere dei capelli à la Pietro Maso, derivazione parrucchiera dell'American Psycho di cui sopra, perché è interessante scrivere un pezzo ad anello in cui tutto torna, caspita se lo è, e per di più è la prova ultima dell'universalità di argomenti non affrontati da Sex and the City. Basta non scrivere direttamente della serie e gli argomenti piovono copiosi). Quindi la commedia di costume più fraintesa del mondo (come dice uno bravo, l'equivalente dei nostri film con gli spari) si dipana per sei stagioni in cui la protagonista si interroga se uno di cui non conosce nemmeno il nome e che chiama Mr. Big sia o meno l'uomo della sua vita e lo verifica nel tempo attraverso numerosi test tutti comunque tesi a confermar tesi (l'uomo come vero male della società di oggi, l'uomo che non piace alla gente ma che in fondo sì, simpatica canaglia, alla fine una ammazzerebbe per farsi sposare). Corollario della complessa ricerca interiore ma soprattutto esteriore son le tre amiche della Bradshaw Carrie, scelte secondo il criterio di compatibilità e (soprattutto) di complementarietà dello Zafferano 3 Cuochi, ciascuna schiava di diverse devianze e vittima di diversi deviati. Sullo sfondo la maestosa metafora del timone, della mano che muove la scodella, di una neo oligarchia matriarcale fondata su tacchi 12 e idee chiarissime che se potessimo permetterci di tradurre in slogan suonerebbero tipo: l'omm che è omm addà puzzà, ma in fondo è tanto carino e come potremmo farne a meno? Questa interpretazione autentica non tragga in inganno, la serie resta la più premiata di sempre (una delle), e i radicali cambiamenti che ha introdotto nel costume americano restano pietre miliari della contemporaneità, così come le memorabili creazioni della Parker e i libri della Bushnell. Solo che. Solo che se interrogati sul tema e prescindendo dalle questioni tecniche e dalla valutazione sulla qualità del lavoro autorale per la quale non siamo attrezzati, l'unico vero apporto al dibattito su Sex and the City che ci sentiamo di fare è proprio, di nuovo, quello di un'interpretazione laterale che di certo poco appagherà il pubblico femminile, entusiasta di un prodotto finalmente e definitivamente femminile. No, non è così. Sex and the City parla di cazzo. Soltanto ed esclusivamente di cazzo. Misure, frequenza, durata, forma, entusiasmi e delusioni. Sex and the City è il mausoleo del cazzo, il Taj Mahal del cazzo, tutto quello che avreste voluto sapere (spiando dalla serratura) sul cazzo. O forse no, ma per scoprirlo bisognerebbe aver visto più di una puntata.
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