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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2013 alle ore 15:49.

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Una scena del film «Gravity»Una scena del film «Gravity»

La Mostra di Venezia 2013 si apre col botto: «Gravity» di Alfonso Cuarón, scelto come titolo inaugurale della kermesse, non ha deluso le altissime aspettative della vigilia.
In scena soltanto Sandra Bullock e George Clooney, nei panni di due astronauti che, durante una missione di routine nello spazio, vengono colpiti da una pioggia di meteoriti. La loro navicella viene distrutta e i due si ritrovano soli in mezzo all'oscurità, senza aver più alcuna possibilità di contatto con la Terra.

Presentato fuori concorso, il film si appoggia su una struttura narrativa semplice e poco articolata, quasi un pretesto per Alfonso Cuarón per mostrare il suo straordinario talento.
«Gravity» si apre con un pianosequenza da brividi: circa venti minuti - un'unica ripresa ininterrotta senza stacchi di montaggio - in cui il regista messicano compone una (già) memorabile sinfonia audiovisiva che tanto ricorda alcuni momenti di «2001: Odissea nello spazio» di Stanley Kubrick. Un inizio talmente spettacolare e maestoso da essere, comodamente, annoverabile tra gli incipit più affascinanti degli ultimi decenni.
Sfortunatamente, ma sarebbe stato quasi impossibile fare altrimenti, il livello di «Gravity» scende gradualmente, fino a una parte finale che rimane vittima di un pizzico di retorica di troppo.

L'eccessiva enfasi è l'unico, seppur molto evidente, difetto che si possa attribuire al cinema di Cuarón, autore che aveva già raggiunto buoni risultati con «Harry Potter e il prigioniero di Azkaban» del 2004 (il terzo e il miglior episodio della saga del maghetto) e con «I figli degli uomini» del 2006, per il quale ha ricevuto tre nomination ai premi Oscar.
Nonostante queste piccole cadute verso la conclusione, «Gravity» rimane una tappa per la fantascienza contemporanea, con cui si dovrà fare i conti in futuro.
Buona parte del merito va anche al direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (già collaboratore di Tim Burton per «Il mistero di Sleepy Hollow» e di Terrence Malick per «The Tree of Life»), capace come pochi altri di utilizzare la luce e di dare alle immagini un'ottima profondità di campo, supportata da un 3d pienamente all'altezza.
Convincenti anche i due attori: George Clooney gigioneggia con classe ma a sorprendere di più è Sandra Bullock nel ruolo più intenso e difficile della sua intera carriera.

Infine, da segnalare che nella giornata odierna è stato presentato anche «Venezia 70-Future Reloaded», un progetto collettivo pensato per celebrare i settant'anni della kermesse lagunare (primo festival al mondo a raggiungere questo traguardo).
Settanta registi di tutto il mondo (da Bernardo Bertolucci a Monte Hellman, passando per Abbas Kiarostami e Walter Salles) sono stati invitati a realizzare un breve cortometraggio, di durata compresa tra i 60 e i 90 secondi, in totale libertà creativa.
Oltre a essere un divertente e toccante omaggio alla storia della Mostra del Cinema, «Venezia 70-Future Reloaded» è anche un suggestivo punto di osservazione sul futuro della settima arte, filtrato dalla sensibilità personale di ciascuno degli autori coinvolti.

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