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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2013 alle ore 17:37.

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Una scena del film "Starbuck"Una scena del film "Starbuck"

Siamo nel pieno del festival di Venezia e l'industria cinematografica torna, da questo fine settimana, a pieno regime. Una decina di uscite in sala, di cui proviamo a sceglierne un pugno. Tra grandi delusioni e sorprese speciali. Tra le prime è inevitabile indicare «In trance» di Danny Boyle, uno che da anni fa litigare fans e detrattori non risolvendo un quesito fondamentale su se stesso: è un genio o un cialtrone? La sua incredibile capacità di passare da gioielli spesso anche sottovalutati e opere furbe e sopravvalutate ci lascia nel dubbio, ma non è il caso di «In trance», raro esempio di come saper girare e conoscere tutti i trucchi del mestiere non serva a risollevare una sceneggiatura scarsa e un soggetto improbabile. Questo heist movie incentrato sull'amnesia di James McAvoy - il cui carisma è ai minimi storici -, sull'ipnosi di Rosario Dawson e sul breve nudo integrale di quest'ultima è un esempio spudorato di trash chic in cui Vincent Cassel conferma la sua capacità di scegliere personaggi, meglio se cattivi e assurdi, solo per il gusto di dimostrarci che è bravo anche quando ciò che lo costringono a dire e fare non ha alcun senso. Ritmo narrativo, tensione emotiva, dialoghi, tutto è scombinato e sopra le righe. E questa volta Boyle sembra non riuscire a nasconderlo dietro alla solita cortina di fumo.

Di contro, «Elysium», invece, se ha un difetto è solo il fatto di essere troppo secco, lineare, onesto. Il titolo parla di un satellite in cui ricchi e potenti possono guarire da ogni male. Luogo che sono pronti a difendere in ogni modo. Neil Blomkamp, come in District 9, installa il cinema di genere sci-fi sulla lotta di classe, sulle ingiustizie sociali, sulla divisione che il capitalismo moderno instaura quotidianamente e prepotentemente nella società. Matt Damon interpreta un antieroe egoista e opportunista, un ex ladro divenuto un operaio schiacciato da una società autoritaria. Un incidente gli dà la motivazione per cercare di "conquistare" il satellite dei sogni, a ogni costo. E una serie di coincidenze lo fanno divenire un fattore di rottura degli equilibri esistenti.
Su questo punto di partenza e di sviluppo della sceneggiatura semplice, elementare si fonda un film che sa poi reggere fino alla fine, sebbene, rispetto al precedente lavoro del cineasta, non c'è forse mai il salto di qualità. Pur rimanendo, comunque un ottimo prodotto.

Lo è sicuramente, anche «Starbuck - 533 figli e non saperlo». Ken Scott sa giocare bene con una storia vera di un 42enne immaturo che scopre di essere il padre biologico di un piccolo esercito a causa di una pessima gestione dello sperma che, in gioventù, aveva "venduto" per sbarcare il lunario. In questo film francocanadese si intersecano ottimamente la commedia che si fonda su una situazione incredibile (ma vera) e un menàge quotidiano persino banale, il tutto tenuto insieme da un romanzo di formazione leggero e arguto, tutto fondato su questa paternità così parossistica, da far finalmente maturare il protagonista. Un'opera efficace e coinvolgente che ha conquistato Steven Spielberg tanto che il remake Delivery Man (con Vince Vaughn) ha portato lo stesso Scott al di là dell'oceano a raccontare di nuovo questa vicenda per e con Hollywood. Vi divertirete in modo intelligente, ed è già molto.

Di tutt'altra pasta è invece «La variabile umana», noir meneghino di un autore napoletano che vive a Milano da molti anni. Bruno Oliviero, bravissimo documentarista, sa creare una bella atmosfera, vince la scommessa di un Silvio Orlando cupo e irrisolto, sa anche costruire bene il senso di una metropoli che nasconde in sé contraddizioni e diseguaglianze, abusi di potere e una vita privata oscura che si nasconde dietro un'identità pubblica di facciata, questione più che mai viva nell'Italia di oggi. Piuttosto carente nella sceneggiatura, soprattutto nei tempi delle svolte che il genere impone (ma la decostruzione di quel ritmo è anche un pregio dell'opera), si fa comunque apprezzare fino alla fine, grazie a bravi attori (da Battiston a Ceccarelli, oltre a un grande Orlando) e a movimenti di macchina mai banali.

La stessa forza che si ritrova anche in «Foxfire-Ragazze cattive», inaspettata e sorprendente virata "scorretta" di Laurent Cantet, che riesce, con abilità e talento, a interpretare al meglio un bel lavoro di Joyce Carol Oates, scrittrice sopraffina. La gang di ragazze, belle ma diverse dai cliché cinematografici a cui siamo abituati, che si ribella al bullismo sessuale ha in sé fascino e forza, e la loro storia viene narrata con ritmo e allo stesso con istintiva profondità. Cantet, che da sempre affianca i deboli, qui non ha paura di farlo accarezzando il loro lato oscuro, la loro voglia di reagire, sia pure con metodi non politicamente corretti. E così ti mette davanti a un lungometraggio avvincente è che ha il merito di metterti in crisi, lasciandoti più domande che risposte.

Il vero gioiello di questa settimana, però, è «Infanzia clandestina». Pensate a un melodramma adolescenziale, tutto intriso di una giovane passione e di voglia di libertà. E immaginatelo inciso in una famiglia che la dittatura ha costretto ad essere clandestina e attiva nell'opposizione carbonara alla dittatura militare argentina. Pensate a un bambino che sta diventando ragazzo, a un giovane uomo che ha su di sé, fin da piccolo, il peso di un segreto da cui dipende la sopravvivenza dei genitori. Lui è il centro di «Infanzia Clandestina», lui ha un nome non suo e scopre una vita diversa, adatta alla sua età e ai suoi sentimenti. E la vuole. Lo capiscono in pochi, parenti outsider che rendono la sua avventura più pericolosa e romantica, più buffa e allo stesso tempo dolorosa. C'è poesia quando, come in No di Larrain, ad esempio, o in questa pellicola, vita e politica si uniscono, scontrano, combattono e poi forse divengono alleate. C'è bellezza nell'innocenza che combatte contro l'orrore, nel fare ciò che è davvero giusto e non ciò che gli altri ti dicono essere tale. Vivere è la prima forma di lotta contro il regime, ed è questo piccolo eroe a insegnarcelo. E voi dovete conoscerlo, in un film che con regia e sceneggiatura di prim'ordine - oltre che con attori di grande livello - lo accompagna in questa vicenda che vi rimarrà nel cuore.

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