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Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2013 alle ore 16:09.

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Una foto di scena del film «Parkland»Una foto di scena del film «Parkland»

VENEZIA - Hayao Miyazaki - che oggi al Lido ha annunciato il suo ritiro dal cinema - vola più basso del previsto: «The Wind Rises», uno dei titoli più attesi della Mostra di Venezia 2013, delude le altissime aspettative della vigilia non riuscendo a emozionare come avrebbe voluto. Il maestro dell'animazione giapponese racconta la vita di Jiro (personaggio ispirato all'ingegnere Jiro Horikoshi, nato nel 1903 e morto nel 1982) che, fin da bambino, ha sempre avuto un unico sogno: progettare splendidi aeroplani. Il suo straordinario talento lo porterà a diventare uno dei più importanti costruttori aeronautici del mondo.

Cinque anni dopo lo splendido «Ponyo sulla scogliera», Miyazaki realizza un progetto ambizioso oltre misura e dal (troppo forte) sapore autobiografico. L'ossessione del regista per i velivoli ad alta quota (con specifici riferimenti alla loro struttura meccanica) viene eccessivamente a galla nelle oltre due ore di durata della pellicola, frenando la creatività narrativa che aveva caratterizzato la maggior parte dei suoi lavori. Se l'apparato visivo riesce a meravigliare come sempre, i limiti sono in una trama indigesta, forzatamente melodrammatica e sempre più ricattatoria col passare dei minuti. Nonostante non manchino diverse sequenze da ricordare (in particolare nella parte iniziale), la sensazione è che «The Wind Rises» sia uno dei lungometraggi meno riusciti dell'intera carriera del grande autore nipponico.

Sempre in concorso, scuote e divide «Miss Violence» diretto dal greco Alexandros Avranas. Il film si apre con una sequenza scioccante: durante una festa di compleanno, all'interno di un condominio come tanti, la festeggiata (una ragazzina di undici anni) decide improvvisamente di buttarsi dal balcone. Il suicidio metterà a dura prova la, già precaria, stabilità familiare. Ricco di momenti angoscianti e quasi intollerabili, «Miss Violence» è un durissimo pugno allo stomaco che ha, quantomeno, il merito di non lasciare indifferenti. Piuttosto altalenante nel suo andamento narrativo, il film ritrova la potenza drammaturgica dell'incipit soltanto nelle sequenze conclusive. Il modello di riferimento, fin troppo evidente, è il cinema di Yorgos Lanthimos (la firma più importante del panorama greco contemporaneo) ma Avranas riesce a raggiungerlo soltanto sul piano formale e non su quello dei contenuti. Piccola curiosità: nella colonna sonora è presente anche «L'italiano» di Toto Cutugno.

Infine, all'interno della competizione principale, trovano spazio anche gli Stati Uniti con «Parkland» di Peter Landesman. Il regista esordiente ricostruisce uno dei giorni più tragici della recente storia americana: il 22 novembre 1963, la data in cui venne assassinato John Fitzgerald Kennedy. La pellicola si concentra sulle ore successive allo sparo: dal ricovero d'urgenza all'ospedale Parkland Memorial di Dallas al funerale. Tratto dal libro «Reclaiming History: The Assassination of President John F.Kennedy» di Vincenzo Bugliosi, «Parkland» è una pellicola corale sui tanti "comprimari" che vissero da vicino, seppur lontano dalle telecamere, quella storica vicenda. Rigoroso in una messa in scena che presenta pochissimi cali, «Parkland» è un'opera prima particolarmente interessante: pur senza grandi guizzi, Landesman dimostra già una discreta mano registica e buona capacità di orchestrare una trama tutt'altro che semplice. Piuttosto scontato il paragone con «Bobby» di Emilio Estevez, film sull'assassinio di Robert Kennedy, che appare più che una semplice ispirazione. All'interno di un cast di volti noti (da Billy Bob Thornton a Zac Efron, passando per Paul Giamatti e Marcia Gay Harden), il migliore è il poco conosciuto James Badge Dale nei panni del fratello di Lee Harvey Oswald, colui che sparò al trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti.

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