Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 01 settembre 2013 alle ore 08:47.

My24

Anche Venezia si accorge che il "nuovo", nel cinema mondiale, passa, più nel documentario o meglio nelle forme ibride di narrazione che nel cinema a soggetto – condannato al grande spettacolo più che controllato da chi ci investe, le banche, e alle fiction paratelevisive o, per i "creativi", a una faticosa marginalità – e mette in concorso Morris, Rosi… Ma anche il documentario – facile da fare, pensano gli sciocchi – può essere un genere conformista e noioso, anche quando meglio intenzionato, se batte sempre le solite strade e se vi difetta l'invenzione, se vi manca l'autore. Consigliamo caldamente la visione, dunque, di Redemption del giovane portoghese Miguel Gomes, 27 minuti di rara originalità e profondità, proiettato ieri "Fuori concorso". Gomes è autore di un lungometraggio a soggetto, Tabù, che non ho visto ma di cui si è detto un gran bene (la cinematografia portoghese, sconosciuta tra noi, continua a ad avere un'invidiabile vitalità e originalità).
Gomes usa materiali di repertorio, "truccati" con sovrapposizioni astratte (da materiali scientifici) solo nel quarto episodio o lettera, e si tratta soprattutto di filmini di famiglia, e ricorre al bianco e nero o al colore mai casualmente, visualizzando "lettere" o confessioni immaginarie a se stessi di quattro personaggi che scopriamo infine importanti e contemporanei. L'autore presume che siano state scritte in un giorno preciso e altamente significativo della loro vita. Vengono lette nelle rispettive lingue, fuori campo. Chi sono i quattro personaggi che cercano, confessandosi, una qualche forma di "redenzione"? Sono Coelho, presidente del Portogallo, Berlusconi, Sarkozy e la Merkel, quattro "potenti" europei del nostro tempo. Le date delle confessioni sono rispettivamente il 21 gennaio 1975, il 3 luglio 2011, il 6 maggio 2012, il 3 settembre 1977. Parlano a se stessi o a qualcuno di casa e non al mondo, e si tratta dunque di interpretazioni arbitrarie ma tutto sommato rispettose – perché di queste figure così pubbliche, cosa si può sapere che già non si sappia? – dell'intimo di questi personaggi, sovrastate in definitiva dal sentimento della vanità del potere e della transitorietà dei suoi trionfi. La vanità dell'Ecclesiaste…
La "lettera" del bambino Coelho dal Portogallo ai genitori nelle colonie, insiste sull'ipotesi di una formazione scissa, faticosa e arrogante; quella di Berlusconi sulla volgarità del personaggio tuttavia legata a un incubo iniziale, le immagini di piazzale Loreto, e a un vuoto irrimediabile, il distacco dal verde sogno di un amore infantile; quella di Sarkozy alla figlia parte da un'infanzia mai goduta e dall'attaccamento ossessivo all'avere, a che niente del meglio possa mai mancare alla sua erede; quella della Merkel, "scritta" nel giorno del suo matrimonio a Lipsia, mostra molti matrimoni socialisti, e l'impossibilità di uscire, allora, dalla prigione edificata del regime (e da quella pre-esistente, luterana), ossessionata dalle note del Parsifal.
Senza retoriche roboanti, con rispettosa durezza, Gomez e i suoi collaboratori tentano allo stesso tempo una lettura dell'Europa attuale e delle sue radici e delle logiche eterne del potere, di ciò che sta comunque dietro o dentro ai potenti e che li accomuna a molti comuni mortali bensì nell'esasperazione delle loro istanze peggiori o (nel caso della Merkel) delle più moralmente rigide. Questo piccolo poemetto politico e filosofico sarebbe piaciuto, credo, sia a Borges che a Brecht.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi