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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2013 alle ore 09:24.

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Dall'isola di Wight a «New Mornig». L'«Altro autoritratto» di Dylan - Foto

Arriva sempre il giorno in cui il genio compie il proverbiale passo più lungo della gamba, l'attimo nel quale il performer baciato dalle muse è stanco di fare e allora decide di strafare, il momento in cui il grande artista per dare prova della propria smisurata grandezza dà una volta e per tutte il benservito alla misura.

Per Bob Dylan questo momento si chiamò «Self Potrait», l'«autoritratto» in forma di album con il quale nel 1970 intese dimostrare al mondo quanto fosse complessa e sfuggente la personalità del Profeta dei Sixties, quanto radicato alla tradizione il suo songwriting, quanto avanti la sua arte. Persino troppo avanti: praticamente in fuorigioco. Il pubblico comprò il disco, quarto nelle charts degli States e primo in Regno Unito, ma apparve disorientato di fronte a quella curiosa miscela di cover eseguite in studio e classici del repertorio dylaniano suonati dal vivo.

La critica s'infuriò e per la prima volta osò stroncare Sua Bobbità. Valga per tutte la recensione del sommo dylanologo Greil Marcus che, sulle pagine di «Rolling Stone», senza girarci troppo intorno si chiese: «Cos'è questa merda?». Da quella ambiziosa stagione di sperimentazione Mr Zimmerman saprà in ogni caso ripartire per dare alla luce, un anno più tardi, un'altra piccola gemma della sua sterminata discografia: «New Morning».

Filologia in forma di bootleg
Su questa turbolenta stagione della vita del Menestrello di Duluth fa luce «Another Self Portrait (1969-1971)», decimo volume appena uscito di «The Bootleg Series», l'operazione filologica con la quale la Columbia Records, da ormai 22 anni, sta ricostruendo a colpi «rare and unreleased» la carriera del Nostro. La collezione di 35 brani tra rarità e incisioni inedite è disponibile in tre versioni: la standard con due cd, il boxset con le tracce riunite in tre vinili e due cd, oltre a un booklet 12x12 e il cofanetto deluxe con quattro cd. Dylaniani e dylaniati hanno di che leccarsi i baffi, a cominciare dalla possibilità di ascoltare, per la prima volta, il concerto di Mr Zimmerman e the Band al leggendario Festival dell'isola di Wight del 31 agosto 1969. L'edizione deluxe con slip case include la versione rimasterizzata dell'intero «Self Portrait» con la tracklist originale, oltre a due libri rilegati contenenti note d'accompagnamento revisionistiche a firma di un «pentito» Greil Marcus.

Spiando la storia dalla serratura
La sensazione che si ricava dall'ascolto è un po' la stessa dei precedenti volumi della «Bootleg Series»: spiare la storia dal buco della serratura. E il divertimento, nella circostanza specifica, si moltiplica se consideriamo che «Self Potrait», più che un album vero e proprio, fu un laboratorio in cui Dylan provò a mescolare tutto ciò che, musicalmente parlando, gli passava per la testa. Durante le sessioni di registrazione il Profeta del Greenwich Village eseguì una serie di canzoni accompagnato da un piccolo ensemble di musicisti, tra i quali David Bromberg (chitarra) e Al Kooper (tastiere, chitarra). Successivamente, a Nashville, il produttore Bob Johnston aggiunse delle sovraincisioni alle tracce base. «Another Self Portrait» presenta per la prima volta i masters delle sessioni originali senza sovraincisioni. «Spogliati» e, proprio per questo, più accattivanti.

La schizofrenia del genio
Dylan cambia pelle con una frenesia quasi schizofrenica: senti il cantante country di «Nashville Skyline» («Country Pie» e «I Threw It All Away»), l'interprete folk tradizionale («Little Sadie», «Pretty Saro») che tuttavia si sente a proprio agio con brani dei suoi contemporanei («Annie's Gonna Sing Her Song» di Tom Paxton e «Thirsty Boots» di Eric Anderson), prima di tornare a cimentarsi con il songwriting («Went to See the Gyps», «Sign on the Window»). «Self Portrait» distrusse l'immagine di Dylan come la conoscevamo, segnò l'azzeramento del contachilometri prima dell'avventurosa stagione dei Seventies, puntellata comunque da capolavori come «Blood on the Tracks» e «Desire». Una stagione apertasi con «New Morning» (1971) di cui l'ultima operazione «Bootleg Series» documenta la genesi, tra «If not for you» e la title track. Altri due buoni motivi per comprare «Another Self Portrait»? Uno: il demo di «When I paint my masterpiece» e la versione inedita di «Only a Hobo», meravigliosamente minimali. Due: la copertina opera dallo Zimmerman pittore, proprio come lo fu quella del disco originale del 1970. Anche in questo caso possiamo parlare di «un altro autoritratto».

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