Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2013 alle ore 17:44.

My24
Gitai avvolge, Kim Ki-Duk evira, Capitan Harlock spacca

Una settimana di Festival e ora possiamo dirlo: da anni, tanti, non si vedeva una qualità media così alta, soprattutto in concorso. Barbera, in una delle stagioni più difficili del cinema, è riuscito a scovare con i suoi selezionatori – e vale anche per le sezioni collaterali fuori dal suo programma (Venice Days e Sic), che avevano tenuto anche in passato, però – una serie di opere che hanno uno spessore notevole.

Così non possiamo non citare Ana Arabia, delicata parabola di Amos Gitai ambientata in un'isola di abitazioni fatiscenti a Jaffa, enclave di arabo-israeliani a Tel Aviv. Un cortile, tante vite, un piano sequenza lungo un film, una giornalista che accompagna la storia con le sue domande, ma soprattutto con l'ascolto. Gitai è ossessionato dal dialogo – o dalla sua assenza – ma forse in questo caso riesce a mostrarne la potenza con una naturalezza inusuale, persino per lui.
Sa creare un'atmosfera familiare usando la grazia con cui tutti gli interpreti vivono questi 84 minuti, lo fa attraverso il sorriso, gli occhi curiosi ed espressivi, la bellezza dolce di Yuval Scharf che ci regala una protagonista discreta sempre in scena e costantemente spalla e piano d'ascolto delle vite di reietti, ebrei o arabi che siano. Sa avvolgere e coinvolgere il piano sequenza che qui non è esercizio di stile, ma necessità: se l'opera è così bella si deve al fatto che l'unità di tempo e luogo, insieme allo sguardo che "insegue", non dandoti tregua, ti fa piombare in quelle vite. E scoprire le storie d'amore che superano odi e religioni, le madri coraggio, la donna umiliata. Persino un dentista diventa oggetto d'analisi emotiva e politica. La levità del tono ti consente di entrare in quell'universo che viene mostrato solo alla fine, salendo su una gru commerciale: un quartiere che ha in sé contraddizioni e opportunità del Medio Oriente, la sua ricchezza e i suoi ostacoli. Un lavoro elegante e appassionante, che sa accarezzarti quando potrebbe prenderti a pugni.

Vale esattamente il contrario per Kim Ki-Duk, ormai perso nel suo ruolo di Lars Von Trier dell'estremo Oriente. Quello dell'ultimo periodo non è il geniale e a volte furbo cacciatore di capolavori che conoscevamo, ma il provocatore post Arirang. Uno che esattamente come il danese taglia il clitoride a Charlotte Gainsbourg in Antichrist, in Moebius, qui fuori concorso, evira due ragazzi e un adulto e si diletta anche in un automutilazione delle parti basse con pistola. Voleva essere un feroce attacco alla fallocrazia che vige nelle famiglie e nelle società attuali, ma è solo un grottesco e improbabile pamphlet che cade, anzi precipita nell'umorismo involontario più volte. In entrambi i casi la deriva verso una cialtroneria d'autore è coincisa con un aumento di peso, di fatto i due sono accomunati dal portare sullo schermo con violenza e mancanza di senso del pudore (e del ridicolo) le loro ossessioni più estreme. Il sudcoreano non trova neanche la felicità e fluidità di racconto di Pietà (Leone d'oro nel 2012), conferma i suoi problemi con la figura materna e la sua famiglia ferocemente disfunzionale sarà destinata ad essere ricordata come il centro di uno degli scult dell'ultima Mostra. Tanto, sempre come Von Trier, ha dalla sua fan accaniti che già gridano al capolavoro. Chiudiamo con il film che almeno un paio di generazioni aspettano. Harlock: Space Pirate. E pure in 3D. Sì, parliamo di quel pirata dello spazio che con un anime televisivo amatissimo e rivoluzionario ha fatto sognare, indignare, ribellare e persino piangere molti bambini. "Il suo teschio è una bandiera che vuol dire libertà" diceva la sigla italiana. E qui, in effetti, troviamo un Capitan Harlock perfetto esteticamente, ben reso in 3D, ma la cui personalità oscura è messa in disparte a favore di un eroismo solo alla fine velato da qualche ombra, sorta di Ulisse ossessionato dalla sua Itaca personale, la Terra. Due ore appassionanti per chi ama quest'icona animata, ma che lasciano il sapore di qualcosa di troppo convenzionale per lui. Fatto sta, però, che rimane imperdibile. Fosse solo per la nostalgia canaglia che viene alla sua prima apparizione nel film.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi