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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2013 alle ore 14:45.

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La visione di san Pietro Nolasco, 1629. Olio su tela, cm 179 x 223. Madrid, Museo Nacional del PradoLa visione di san Pietro Nolasco, 1629. Olio su tela, cm 179 x 223. Madrid, Museo Nacional del Prado

Francisco de Zurbàran non venne mai in Italia, eppure l'arte italiana riuscì ad influenzarlo, di tutti gli artisti iberici fu l'unico a essere chiamato "il Caravaggio spagnolo". Fino al 6 gennaio 2014, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara la mostra "Zurbàran (1598-1664)" a cura di Ignacio Cano con la consulenza scientifica di Gabriele Finaldi, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Centre for Fine Arts di Bruxelles con la collaborazione del Museo del Prado di Madrid (catalogo Ferrara Arte Editore).

Fra i maggiori protagonisti della pittura barocca spagnola ebbe meno successo dei suoi contemporanei Diego Velàzquez e Bartolomé Esteban Murillo, ma riuscì a testimoniare profondamente la cultura spagnola della prima metà del diciassettesimo secolo, la religiosità e la vita di tutti i giorni. Visionario e appassionato il maestro dell'Estremadura creò uno stile inconfondibile trasformando il quotidiano, creando immagini poetiche che affascinano anche l'immaginario moderno, non è un caso che da Manet a Morandi, fino a Picasso e Dalì abbiano preso ispirazione dal pittore sivigliano. Una selezione di opere proveniente dai musei e dalle collezioni private europee e americane per raccontare la carriera dell'artista.

Dai primi passi a Siviglia "la Firenze spagnola" dove si afferma con San Serapio (1628) alla "Visione di San Pietro Nolasco" (1629), al contemplativo "San Francesco" (16235), i dipinti a tema profano come "La lotta di Ercole e Nemea" (1634), fino alle produzioni liriche e meno drammatiche degli ultimi anni, fra cui "San Giovanni Battista" (1659) o "Madonna con il Bambino". Il percorso espositivo, scandito in sezioni cronologico tematiche mette in evidenza il talento innovativo del pittore. Le sue sconvolgenti nature morte come "Una tazza d'acqua su un piatto d'argento" dove gli oggetti sono collocati in uno spazio rarefatto e silenzioso. Zurbaràn trasforma le forme con la luce e le restituisce a una purezza originaria.

Zurbàran (1598-1664)
A cura di Ignacio Cano con la consulenza scientifica di Gabriele Finaldi
Ferrara Palazzo dei Diamanti 14 settembre- 6 gennaio
Catalogo Ferrara Arte Editore
diamanti@comune.fe.it

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