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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2013 alle ore 16:19.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2013 alle ore 13:16.

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"Fin da piccolo, mi sono sempre domandato perché fossi qui. E che cosa avrei dovuto fare per riuscire a diventare me stesso". Lorenzo Castore, nato a Firenze nel 1973, si presenta così. Perché ha già fatto i conti con gli autoritratti e sa che, così come le icone o i cliché, nel tempo anche i ritratti diventano mere statuette da vendere; la passione per la fotografia, invece, è autentica, anche se col tempo trascina tutto via con sé, "in relazione alla limitatezza dei mezzi e alle debolezze". Non a caso, gli scatti di Castore trasudano verità e sono sovraccarichi di lampi, lividi, dettagli, ombre, distrutte o serrate, colori lancinanti, come quelli di Napoli e India, schiene grandinate sull'asfalto. E domicili, eclissi, paradisi tra l'Havana e la luna.

"Mi sono imbattuto per caso nella fotografia, entrando in una galleria di Firenze che esponeva Koudelka. Quello è stato il momento in cui ho capito per la prima volta che la fotografia - quel preciso tipo di fotografia – poteva restituire il reale con uno spirito surreale. Conteneva una tensione tra gli opposti. Io avevo appena 19 anni ma già sapevo che la grande impresa sarebbe stata quella di intraprendere una strada fatta più di domande che di risposte". Dopo il liceo classico, Lorenzo si laurea in legge, al tempo stesso scatta fotografie: "La prima esperienza professionale sul campo è stata quella in Kosovo, e risale al '99. In seguito, tra gli altri viaggi fotografici, è arrivata la Polonia. Ho cercato di formarmi nel modo più indipendente e libero possibile. La musica è la mia forma d'arte di riferimento. Dostoevskij, Guénon, Camus, Sebald sono alcuni degli autori letterari che prediligo. Dei contemporanei: Carrère, Un cuore semplice di Gustave Flaubert, A sangue freddo di Truman Capote, Bruno Schulz e Le botteghe color cannella, Le porte regali di Pavel Florenskij". Secondo Castore, l'immenso potere delle planimetrie si concentra nella tecnica urbanistica di New York, "la città più bella". Mentre Giacometti, Rembrandt, Dürer, Bacon, Bosch sono pittori dalla parte dell'arte sanguigna.

"Ora sto lavorando ad un corto girato in Super 8 al quale si dovrebbero integrare dei filmati di archivio sulla casa di famiglia dei Bertolucci, nell'Appennino parmense. Nel frattempo faccio ricerca per un documentario su Bohdan, un uomo che ho conosciuto dieci anni fa in Polonia, a cui sono molto legato". In cantiere si annida l'uscita di un libro fotografico "su Ewa e Piotr Sosnowski, fratello e sorella che vivono a Cracovia da quasi dieci anni, dopo la morte del padre", discendenti da una famiglia nobile poi decaduta. Alcuni frammenti di questa storia compongono già una parte del portfolio di Castore e si trovano nell'intenso No peace without war - co-sviluppato assieme ad Adam Cohen e montato da Enrica Gatto – un documentario di 25 minuti, vincitore del Rana d'Oro al festival Plus Camerimage 2012. La collaborazione tra Enrica Gatto e Lorenzo Castore ha dato vita anche a Sogno#5, manifesto fotografico con immagini scattate nell'ex manicomio Leonardo Bianchi (lo stesso che Leonardo Di Costanzo ha scelto per l'ambientazione de L'intervallo). "Proseguo, inoltre, un progetto fotografico su alcune case: si chiama Ultimo domicilio. E dal 7 ottobre al 10 novembre si aprirà una mostra con un estratto di 20 fotografie alla Galleria s.t. di Roma () nell'ambito di Fotografia Festival Internazionale di Roma". Nome del progetto: Present Tense. "ma è talmente in divenire che uso il titolo a mò di grande contenitore: questa mostra, in particolare, si chiamerà Notebook II e arriva a quattro anni di distanza da Notebook, un nuovo capitolo del mio diario fotografico in bianco e nero", muove dall'idea di recuperare, ricomporre e condividere un insieme di situazioni tratte dal vissuto quotidiano. L'esecuzione delle stampe in camera oscura è affidata a Matteo Alessandri.

Per Castore, "la sorpresa e la coincidenza sono una grande lezione della fotografia, da traslare a tutti gli aspetti del vivere quotidiano. Occorre elasticità, capacità di adattamento. Di viaggi ce ne sono stati tanti nella mia vita e molto importanti. Forse il più illuminante è stato quello in India nel 1997". Nelle immagini di Lorenzo passa tutto l'impegno, la fatica della pelle e del cielo, dai corpi ai volti che "mi attraggono senza una spiegazione razionale, pura chimica, è un fatto animale, che ha una potenza per nulla cerebrale", qualcosa che il fotografo non sa spiegarsi e, forse, non vorrà mai rivelare.

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