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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 17:46.

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Al Mariinskij di San Pietroburgo i "Carmina Burana" del San Carlo di Napoli secondo Shen Wei

Del Coro, collocato in basso, tra l'orchestra e il proscenio, appaiono le sole teste. Immerse nel buio. Simili a teschi funerei. Sul palco sopraelevato s'aggirano, incappucciati, gli inquietanti clerici vagantes; mentre, in alto, sospesa, appare una donna nuda coperta da lunghi capelli: quella Fortuna Imperatrix Mundi governatrice capricciosa dell'universo, dei fenomeni atmosferici, e del destino degli esseri umani. Accanto a lei lentamente emergono, come fumetti, il sole, la luna, le nuvole, le stelle. Sono alcune delle folgoranti sequenze di apertura dei "Carmina Burana" secondo Shen Wei, l'eclettico artista cinese trapiantato a New York dove ha fondato, nel 2001, una sua compagnia, la Shen Wei Dance Arts, al quale il San Carlo di Napoli ha commissionato una versione coreografica della celebre opera cantata di Carl Orff (con l'aggiunta di quattro inedite Cantiones Profanae) impiegando tutte le prestigiose masse artistiche del Teatro. Un grande impegno produttivo dell'ente lirico napoletano che lo vede impegnato in un gemellaggio col Teatro Mariinskij di San Pietroburgo dove, il 25 e 26 settembre, "Carmina Burana" è in tournée.

Che Wei sia un artista tout court è ben manifesto dalla firma, oltre che coreografica e registica, delle scene, delle luci e dei costumi (è anche pittore, scultore, designer): una commistione che cerca di coniugare la raffinata estetica orientale con quella occidentale, il disegno calligrafico e zen con i più moderni segni astratti. Il celeste fondale - marchiato prima da un pittorico stelo con un bocciolo rosso e una foglia verde e una secca; poi da geometrici segni e da diafane silhouette - accoglie, nel corso del balletto, i cantanti dalle rigide fogge simili ad armature che ne bloccano i movimenti (rimando a Bob Wilson e a Alwin Nikolais), o incappucciati e in processione, mentre i danzatori sono striscianti figure serpentine o simili a chiocciole con aderenti calzamaglie pop e zebrate, o con body neri che sembrano cancellare gambe e braccia lasciando visibile solo il busto. Qui, dentro pareti specchianti e inclinati – siamo nella seconda parte – i danzatori si muovono in più astratte movenze alternate a duetti di corpi fluidi mossi dal respiro, a masse in corsa frenate da equilibri interrotti e cambi di direzione. Ancor prima sarà prevalsa una certa staticità con lente passerelle di donne in lunghi abiti verdi (e il pensiero va alla Bausch), scandendo entrate e uscite da una serie di porte frontali, con il finale che vede la Fortuna salire su una stilizzata scala rossa che si perde nel buio. L'impressione generale di questo racconto visionario sull'evolversi circolare della vita e dell'inesorabile Fato, è di uno scollamento nelle due parti dello spettacolo, nel brusco passaggio da un'atmosfera medievaleggiante e misteriosa a una più astratta e straniante. Se, visivamente, il talento di Shen Wei è indubbio nella sua sontuosa e originale costruzione spettacolare, si rimane perplessi sul versante della danza. Il suo stile post-modern non rivela particolare estro coreografico. Anzi, risulta alquanto banale in molti passaggi musicali, e ripetitivo in altri dove, invece, un più deciso e incisivo graffio gestuale avrebbe impresso potenza ad un'opera già dal ritmo aggressivo e incalzante.

"Carmina Burana", orchestra diretta da Jordi Bernàcer, coro, Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo e Shen Wei Dance Arts. Al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, il 25 e 26/9.

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