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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2013 alle ore 09:26.

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Che cosa è un Hipster - Foto

L'hipster è «consapevole di e interessato a pattern nuovi e non convenzionali (ad esempio nel jazz o nella moda)», così il Merriam-Webster's Collegiate Dictionary.
L'hipster indossa magliette stencilate, cappelli di paglia a tesa corta, felpe larghe, cardigan, All Star alte, Vans nere sfondate. Ma lo si riconosce soprattutto da quel che fa al suo viso: baffi semplici o arricciati, più folti che alla siciliana, occhiali enormi dalle montature antiche, dal primo Novecento agli anni Ottanta; tagli di capelli asimmetrici; barba da pioniere ottocentesco americano.

Si dice che le donne nella storia siano sempre state hipster e che la hipster donna è meno connotata del maschio perché le donne si sono sempre interessate più degli uomini all'aspetto fisico e alla propria collocazione sociale e alle mode. Connotando il proprio aspetto, riempiendosi la faccia di significanti, l'uomo hipster è pari in vanità alla donna o la supera, creando così la scena hipster.
Per lei, jeans stretti a vita alta, leggings, bigiotteria, look da segretaria sadomaso, pantaloncini corti come mutande (anche per lui). Tranne che nel caso dell'omone barbuto – in estate con t-shirt con maniche strappate – il look è androgino. L'uomo è esperto di sneakers ma ha un calzolaio di fiducia per le calzature stringate vecchio stile.

Il termine nasce in America negli anni Trenta e Quaranta, parte dal gergo dell'era del jazz. Potrebbe aver origine da hop, nomigliolo dell'oppio, o dal verbo africano hipi, che significa aprire gli occhi a qualcuno. Venne usato soprattutto per i bianchi del ceto medio che cercavano di farsi contagiare dal cool nero. Nel saggio The White Negro, Norman Mailer tenta
di raccontare il fenomeno. L'hipster bianco cerca di separarsi dalla società e vivere senza radici, alla ricerca «degli imperativi ribelli del sé». I poeti beat rendono popolare il termine
e lo stile di vita in tutta l'America e nel mondo proponendo un modello anticonformista che poi si svilupperà nello stile più confortevole e comunitario degli hippies.
Oggi, il rapporto con la società capitalista è più ambiguo. Gli artisti hipster lavorano agevolmente con i marchi, non hanno posizioni di sapore marxista come finora gli artisti e intellettuali occidentali progressisti.
Danno vita piuttosto a un movimento aristocratico di disprezzo della passività mainstream.

Feticizzano ogni tradizione, ricostruendo e mescolando a piacere contesti estetici del passato, facendo confluire tutto nel cool senza sforzo del bohémien urbano.
L'hipster è laureato ma ama alternare atteggiamenti sofisticati a stili decadenti, brutalisti, fauvisti. S'interessa di fotografia, arte, skateboard, Louis C.K., sesso estremo, casi umani. Legge Cronaca Vera, gira filmini porno. Rifiuta il mainstream, gira pubblicità della Adidas. Frequenta vecchie aristocratiche che collezionano arte; in viaggio nel Sud-Est asiatico dorme per strada. Beve sambuca. Ascolta hiphop violento.
La vera scena hipster è composta da un numero finito di persone che si frequentano andandosi a trovare di città in città (Roma, Milano, Parigi, Berlino, Copenaghen, Londra, New York, San Francisco, Mosca, Tokyo) per proiettare documentari artistici in piccole sale preziosissime, sfasciate, di amici di amici. Si fidanzano con persone famose. Si conoscono tutti.

La seconda cerchia della scena hipster è composta da milioni di persone che affollano i quartieri eletti dalla prima cerchia, la quale cerca casa poi nel quartiere adiacente, e poi in quello dopo, spostandosi all'infinito, in fuga dalla seconda cerchia.
Nella vita sociale: per le mode e le serate, ironia, l'atteggiamento non ce ne
frega un cazzo, il senso di essere appena arrivati da un'orgia. Nella vita di quartiere, invece: amore per la vita quotidiana, fare la spesa, riparare la bici, andare dal ferramenta; estetizzazione del ruolo del vecchietto o del matto di quartiere; feste sui tetti o in cortile o negli studi di artisti; bici a scatto fisso; amore per il kitsch, conto aperto al bazar cinese; feticcio del cibo organico a km-zero; tirarsela senza averne l'aria; amplificatori valvolari,
vinile; mercatini dell'usato; domenica pomeriggio al temporary store di Riccardo; pancetta da birra organica e niente sport tranne la bici.

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