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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2013 alle ore 12:38.

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Convincono i ragazzi terribili di Sofia Coppola. Delude l'Apocalisse di Edgar Wright - Foto

La storia (vera) dei ragazzi che hanno derubato Hollywood: in uscita questo weekend nelle nostre sale, «Bling Ring», diretto da Sofia Coppola, racconta uno dei fatti di cronaca più curiosi degli ultimi anni.

Protagonista è un gruppo di adolescenti di Los Angeles che ha rubato oltre tre milioni di dollari di beni dalle ville di alcune star cinematografiche: tra le loro illustri vittime figurano Orlando Bloom, Megan Fox e Paris Hilton.

A tre anni di distanza da «Somewhere» Sofia Coppola torna a trattare le tematiche che hanno segnato la sua intera filmografia: la superficialità dello show business e l'ipocrisia di Hollywood in primis.

Presentato nella sezione Un Certain Regard dell'ultimo Festival di Cannes, «Bling Ring» ha buon ritmo e riesce a sviluppare interessanti riflessioni sulla deriva della cultura pop contemporanea e sull'universo dei teen-ager americani, costretti a dover quantomeno sfiorare la celebrità per potersi sentire pienamente realizzati.

Come nei precedenti film di Sofia Coppola («Lost in Translation» compreso), si alternano sequenze particolarmente suggestive ad altre trascurabili e non necessarie, soprattutto con l'approssimarsi della conclusione.

Nel cast, una Emma Watson poco incisiva perde il confronto con le meno note Katie Chang e Claire Julien.

Altro film molto atteso è «La fine del mondo», commedia apocalittica firmata dall'inglese Edgar Wright. La trama è incentrata su cinque amici d'infanzia decisi a ripetere un "epico" tour dei pub portato a termine circa vent'anni prima. Nel corso della nottata, mentre si apprestano a raggiungere l'ultima tappa (il locale "La fine del mondo"), si accorgeranno che la vera sfida sarà riuscire a sopravvivere.

Terzo capitolo della cosiddetta "trilogia del cornetto" (iniziata da «L'alba dei morti dementi» del 2004 e proseguita con «Hot Fuzz» del 2007), «La fine del mondo» è la pellicola meno convincente firmata da Edgar Wright.

Piuttosto frettoloso e poco studiato nella sceneggiatura, il film si smarrisce molto presto, indeciso su quale sia la giusta strada da prendere e incapace di divertire come avrebbe voluto. Mancano i colpi di genio mostrati dall'autore britannico in «Scott Pilgrim vs. The World» (2010) e quel che rimane de «La fine del mondo» è un prodotto innocuo, di media fattura, che provoca più di qualche sbadiglio.

Dal Regno Unito proviene anche «Redemption», esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Steven Knight con protagonista Jason Statham.

L'attore interpreta Joey Smith, un ex soldato fuggito dall'ospedale militare in cui era stato ricoverato durante una missione in Afghanistan. Per evitare la corte marziale, Joey si è nascosto nei bassifondi di Londra, dove vive insieme ad altri senzatetto come lui.

Uscito nelle sale inglesi a fine giugno, «Redemption» mostra solo a tratti il grande talento di Knight nella scrittura dei personaggi.

Il neoregista cade spesso nel cliché, sia dal punto di vista narrativo sia da quello visivo, ispirandosi a diverse pellicole del genere thriller contemporaneo. Un Jason Statham non all'altezza non riesce a trasmettere i sentimenti interiori del suo tormentato personaggio.

Knight ha fatto decisamente meglio con la sua opera seconda: l'ottimo «Locke» presentato fuori concorso all'ultima Mostra di Venezia.

Infine, il titolo di pecora nera del weekend va a «Sotto assedio-White House Down» di Roland Emmerich. Il regista tedesco questa volta punta alla Casa Bianca: il palazzo presidenziale viene preso d'assalto da un gruppo armato paramilitare e, mentre i servizi segreti sono nel caos, la parte dell'eroe tocca a John Cale (Channing Tatum), agente della polizia di Washington che, casualmente, si trova nell'edificio insieme alla figlia.

Curiosamente molto simile al recente «Attacco al potere» di Antoine Fuqua (anche in quel caso un solo uomo si trova a fronteggiare un attacco terroristico alla Casa Bianca), «Sotto assedio-White House Down» è un film didascalico, inutilmente fracassone, che non riesce nemmeno a intrattenere.

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