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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2013 alle ore 08:52.

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Sto leggendo un vecchio e celebre romanzo russo del 1863, Che fare? di Nikolaj Černyševskij (pubblicato in Italia da Garzanti), e mi ha impressionato il potere bizzarro e pericoloso che alle volte i romanzi possono avere. Che fare? non è considerato dai critici letterari un capolavoro. Invece è un gran libro. Qualsiasi romanzo che sia ancora letto a 150 anni di distanza deve avere ancora qualcosa da dire e Che fare? ce l'ha.

Ci sono gli arguti ribelli idealisti della San Pietroburgo degli anni Cinquanta dell'Ottocento, il cui impegno nell'adottare un nuovo stile di vita morale e razionale può apparire un po' scioccante anche oggi. Il culto di questi giovani per una radicale onestà li portava a essere sinceri in amore, una cosa sempre affascinante da vedere, dato che nessuno vuol essere responsabile di un suicidio, o meglio, di un falso suicidio; oppure… Be', leggetevi il romanzo. La loro dedizione al soccorso di poveri e oppressi non conosce limite, al punto che, nel nome della causa rivoluzionaria, uno dei protagonisti decide di dormire su un letto di chiodi per rafforzare il proprio spirito. «Davvero?», direte. Credeteci – dunque, è un buon libro.

La notorietà del romanzo è dovuta alla reazione di alcuni tra i suoi primi lettori. Adottarono in prima persona la personalità da letto-di-chiodi; e così, resi indifferenti al dolore, generarono scompiglio nella società, sempre sulla base di generosissimi princìpi. Il lettore più famoso negli Stati Uniti fu un ebreo russo, l'immigrato Alex-ander Berkman. Agli inizi del Novecento abbracciò la causa del terrore anarchico e divenne il più rumoroso emulo di Gaetano Bresci (l'assassino di Umberto I) in New Jersey. Ma in assoluto il più celebre ammiratore del libro fu Vladimir Il'ič Ul'janov Lenin. Non a caso usò il titolo del romanzo per il suo pamphlet fondativo del movimento bolscevico: Che fare? Manuale per dittature-in-costruzione.

C'è qualcosa di molto russo in tutto ciò? Potrebbe sembrare così. Eppure il fenomeno dei lettori resi folli dai libri è vecchio quanto il romanzo stesso, come mostra la storia del povero Don Chisciotte. In seguito all'immersione in poemi cavallereschi come Amadigi di Gaula divenne un folle violento motivato da virtù e onore – una storia che Cervantes nella prefazione afferma di aver tradotto da un originale arabo, a dimostrare che le manie letterarie sono trans-culturali fino all'eccesso.
Accade qualcosa del genere anche agli spettatori di un film? Non così spesso, al di là delle mode del momento, che ci sono sempre. Nessuno è diventato pazzo in una galleria d'arte, se non contro gli stessi dipinti. La sindrome Chisciotte è specifica dei romanzi. È strano. Ed è umano, come potrebbe essere diversamente? Anche se Dio solo sa che cosa dirò alla fine di Che fare?, dato che fino ad allora io potrei essermi trasformato in un'altra persona: una possibilità che regala ai lettori di romanzi un eccezionale grado di suspense.

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