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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2013 alle ore 08:51.

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«Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore», rassicura il cantautore. Il matematico ribatte, anzi, che è piuttosto facile segnare un rigore, soprattutto nel football e nell'hockey su prato, molto meno invece nella pallamano e nella pallanuoto. È uno dei tanti, bizzarri calcoli che John Barrow si è divertito a fare con lo sport, interpretando diverse discipline, olimpiche e non, amatoriali e professionistiche, alla luce di griglie numeriche, parametri statistici, leggi della fisica e paradossi della logica. Si scopre così che il primo percorso ufficiale della maratona è merito della famiglia reale britannica, che «i nati nel primo trimestre dell'anno scolastico sono favoriti» nelle gare e che «la politica di promuovere sempre la persona meno competente massimizza la competenza complessiva dell'organizzazione», cioè l'avanzamento di carriera dei peggiori produce all'azienda un miglioramento del 12%, come hanno dimostrato tre ricercatori italiani (Alessandro Pluchino, Andrea Rapisarda e Cesare Garofalo) del l'Università di Catania.
100 cose che non sapevi di non sapere sullo sport vuole replicare il successo di 100 cose essenziali che non sapevate di non sapere, ma questo è molto più di un saggio per appassionati atleti, tifosi da divano o fanatici professori, è un inedito sguardo sul mondo, un nuovo paio di occhiali, una lente sofisticata che, con eleganza, dissipa le nebbie epistemologiche, le illusioni ottiche e i luoghi comuni su nuoto o rugby, tennis o cricket. Qui ci sono la leggerezza e l'esattezza delle lezioni calviniane e l'aristocrazia di Nabokov, che diceva: «Non c'è scienza senza fantasia, come non c'è arte senza dati di fatto». Un vero matematico non può che amare il gioco, e Barrow è maestro di ironia: «Uno dei grandi misteri dell'universo è perché la Gran Bretagna non voglia partecipare al campionato di calcio olimpico». Lo sport preferito dall'autore è smitizzare i mostri sacri della competizione agonistica, come la Champions League, il cui sistema di selezione delle "teste di serie" è quantomeno prudente, per non dire pusillanime: infatti, «garantisce che nessuno possa essere eliminato dopo due partite (in casa e fuori)… È come essere in uno di quei programmi televisivi, tipo Ballando con le stelle, che impiegano un'eternità a eliminare qualsiasi concorrente».
Non c'è spazio per la pelosa ipocrisia; le regole di gara sono spietate tanto quanto gli assiomi della geometria: non sempre i normodotati sono più veloci dei paralimpici e le corse in sedia a rotelle sono tra le più spettacolari, anche se non tengono conto delle differenze di peso tra atleti, agevolando i più leggeri e mingherlini. Non è l'unico caso di regolamento irrazionale e iniquo: ad esempio, le tabelle del decathlon, «che danno il numero di punti assegnato alle varie performance, sono a ben vedere frutto di fantasia»; i tuffi sono specialità acrobatiche e aeree, non acquatiche; i mancini sono avvantaggiati; la squalifica per falsa partenza è stata introdotta per non rallentare la programmazione televisiva; «l'arbitro che segue il gioco correndo con i giocatori nella stessa direzione» è soggetto alla relatività del moto e potrebbe sbagliare valutazione; il "golden gol" inficia i risultati; le rilevazioni del vento non sono attendibili; nel triathlon «si attribuisce troppo peso alla prestazione nel ciclismo»; i test antidoping sono spesso fallibili…
Al matematico non piace solo dare i numeri, ma sfoggiare pure una vasta cultura storica, disseminando il libro di aneddoti appetitosi e buffe storie: «Nell'antica Grecia i velocisti che facevano una falsa partenza venivano frustati dagli ufficiali di gara» e «il tiro alla fune fu uno sport olimpico dal 1900 al 1920». Alle Olimpiadi di Londra del 1908, invece, «nella squadra danese medaglia d'argento giocava Harold Bohr, laureato in matematica pura e fratello del grande fisico Niels Bohr, che, per parte sua, era un ottimo portiere». Anche l'Italia ha avuto il suo intellettuale sportivo: quel Pasolini che, se non fosse stato scrittore, avrebbe fatto il calciatore. D'altronde, per lui il football era poesia, così come per Barrow è scienza. E solo «nell'opera d'arte si fondono la precisione della poesia e l'ebbrezza della scienza».
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John D. Barrow, 100 cose che non sapevi di non sapere sullo sport, Mondadori, Milano, pagg. 318, € 19,00

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