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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2013 alle ore 14:38.

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Il flusso continuo, travolgente, di Sasha Waltz - Foto

Ventitré danzatori in scena. Una massa. Compatta, terrorizzata, che avanza, che si sgretola, che si autoespelle, che si ricompatta. Che fugge in lunghe diagonali. Che striscia sulle tre pareti nere della scatola scenica. Che corre in cerchio. Che si fronteggia. Che innalza un'eletta, o un predestinato. Che uccide. Che risorge. E sono ondeggiamenti di braccia, reticolati di mani, colpi al petto, disarticolazioni di gambe, fremiti, intrecci, piegamenti animaleschi, raffigurazioni scultoree, abbracci violenti, duetti conflittuali, assoli ipnotici.

Chi ha visto la compagnia di Sasha Waltz nei due interventi site-specific realizzati per l'apertura, prima del Neues Museum di Berlino, poi del Maxxi di Roma, ritroverà, in alcune parti di "Continu" (in prima nazionale al Festival Romaeuropa), sequenze che rimandano a quelle due "installazioni" danzate intitolate "Dialoge". Ed in effetti "Continu" rappresenta il terzo step di un unico dialogo con l'arte lì iniziato. Non solo con l'architettura degli spazi museali, ma anche con l'arte classica e con quella contemporanea che i due musei contengono e che hanno rappresentato la fonte d'ispirazione di un fertile processo creativo tradotto in movimento, in idee fisiche ed emozionali. In questo processo di sedimentazione della memoria artistica nel corpo dei danzatori, che attinge al tempo passato e a quello presente, la coreografia sembra citare anche certa gestualità dell'arte coreutica del Novecento. Perché evidenti sono, nei movimenti, i segni rintracciabili della modern della Graham, dell'espressionismo della Wigman, del teatrodanza della Bausch, del minimalismo di Trisha Brown. Forse semplici citazioni, consapevoli o meno. Eppure c'è tutto questo, trasfigurato, chiaramente, nello stile peculiare della Waltz, che rimane unico.

Alla "Sagra" bauschiana, per esempio, rimandano alcuni violenti momenti corali rafforzati dall'impatto sonoro della musica del francese Edgar Varèse, dalle chiare ascendenze stravinskijane; mentre l'inizio, sulle percussioni dal vivo del compositore greco Iannis Xenakis, l'atmosfera e la gestualità, nonché il gruppo esclusivamente femminile, da sacerdotesse, richiama certe processioni tribali della Graham e, altrove, gli impulsi aguzzi alla Wigman. Alternati a momenti di assoluto silenzio, i blocchi danzanti culminano in una scena d'esecuzione dove, schierati frontalmente, gli interpreti cadono uno alla volta al suono dello sparo emesso vocalmente da un aguzzino. Con l'unico sopravvissuto che si aggira fra i corpi a terra.

Pur astratto nella concezione "Continu" si sviluppa su una partitura narrativa, drammaturgica, per parlarci della trasformazione del genere umano e delle culture, del fluire della vita, dei mutamenti in atto, di oppressione e di rinascita. Scura la prima parte, anche nei costumi neri, blu e marroni; bianca la seconda, con abiti dai colori tenui, con cinque performer seminudi prendere forme contorte poi armoniose sul lattiginoso tappeto, accompagnati dalle note dell'Adagio del quartetto per oboe di Mozart. A loro fa seguito un deflagrare di corpi da un punto all'altro della scena, in blocchi o piccoli gruppi, di spalle e frontali, mentre una coppia danzando dipinge con i piedi scalzi l'immacolato tappeto. Questo, alzato frontalmente da tante mani, sarà quindi sollevato da un danzatore nero prendendone un angolo e tirandolo sopra di lui a testa in giù per lanciarlo in corsa, gonfiandosi, verso il pubblico. Pur con qualche lungaggine, "Continu" ha qualcosa di epico, di forza arcaica, di energia primordiale, che avvince. Per il suo respiro spaziale, lirico e poetico; per la potenza tellurica della coreografia; dove tutto, infine, sembra quietamente esaurirsi in bellezza.

"Continu", coreografia Sasha Waltz, costumi Bernd Skodzig, luci Martin Hauk, drammaturgia Jochen Sandig, percussioni Robyn Schulkowsky. Una produzione Sasha Waltz & Guest con Schauspielhaus Zürich/Zürcher Festspiele, Spielzeit'europa|Berliner Festspiele e Sadler's Wells London.
All'Auditorium Conciliazione di Roma per il Romaeuropa Festival; al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia per il Festival Aperto, il 6 ottobre.

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