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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2013 alle ore 09:03.

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Il fenomeno cinematografico del l'estate italiana 2013 non è stato un blockbuster, ma la riedizione di un film del 1942, un capolavoro di Ernst Lubitsch visto ma non troppo conosciuto. Una commedia sul nazismo, fatta da un ebreo berlinese a Hollywood, all'indomani dell'entrata in guerra degli Usa. To be or not to be (Vogliamo vivere, secondo il titolo con cui era uscito in Italia nel 1945) è un film diverso dai ritmi di oggi: un avvio lento e disteso, un effetto valanga che si complica e travolge lo spettatore. Insomma, un film che in tv farebbe cambiare canale allo spettatore dopo 5 minuti. Alla diciassettesima settimana di programmazione, invece, il film è ancora su in alcuni schermi, e ha quasi raggiunto i 500mila euro (un incasso che molti film d'autore contemporanei vedono da lontano). Un caso isolato? La Cineteca di Bologna tenta da questa settimana di mandare in sala, in collaborazione con Circuito Cinema, un classico al mese, il lunedì e il martedì (la prima uscita, Delitto perfetto di Hitchcock in 3D, ha avuto una lusinghiera media a copia). Un classico della comicità goliardica, Animal house di john landis con uno straripante John Belushi, da domani è in sala per tre giorni. Speriamo che funzioni, e che diventi prassi comune. Anche perché il cinema è nel frattempo scomparso dai palinsesti delle tv generaliste, e anche quelle tematiche, su satellite o digitale, relegano a orari assurdi quei film che una ventina d'anni fa passavano in gran numero, in orari praticabili.
A New York o Parigi, si ripete giustamente, dei classici escono ogni settimana al cinema, e vengono recensiti dal «New Yorker» o da «Les Inrockuptibles». Ma senza tentare nobili paragoni, chi scrive appartiene alla coda dell'ultima generazione che ha potuto godere la fortuna delle riedizioni cinematografiche. Specie in estate, specie in periferia o in provincia, esercenti illuminati tiravano fuori vecchi successi e li mandavano in sala, a volte in copie ristampate. È così che si potevano vedere, fin nei primi anni 80, Ben Hur, Per qualche dollaro in più, Lawrence d'Arabia o I vichinghi. La cosa da rimarcare è però quanto fosse un'esperienza importante l'incontro casuale con i film, sul grande o piccolo schermo, mentre oggi temo vada perduta proprio questa felice casualità, di incontrare qualcosa di imprevisto. Senza questa serendipity, le mille micro-comunità di spettatori nutriti dal web rischiano di vedere solo quello che già sanno, di irrobustirsi nei loro specialismi e fanatismi, di non rimanere mai spiazzati. E d'altro canto l'ascesa delle serie tv nel gusto maggioritario, unita alle nuove modalità di fruizione, rischia di portare a una supremazia assoluta della narrazione a scapito della capacità di leggere l'elemento visivo e la messa in scena.
All'estero l'uscita in sala può essere di traino per il lancio del dvd (un mercato che da noi è più in crisi che altrove). Così è in molte occasioni, in molti restauri che preludono a una commercializzazione. In Italia ci ha provato la Minerva, che ha mandato in sala il lungometraggio d'esordio di Stanley Kubrick, Fear and desire (Paura e desiderio), e ora lo distribuisce in sala. Per molto tempo questo film era stato un mito e un mistero. Rinnegato dall'autore, si favoleggiava di copie distrutte per sempre, o nascoste chissà dove. Nei primi anni 90 una copia cominciò a girare in qualche festival, anche in Italia, e i più temerari, negli anni successivi, la cercavano su Internet. Il film racconta di quattro soldati smarriti in una foresta imprecisata, in una guerra che agli spettatori del l'epoca doveva ricordare più la Corea che la Seconda guerra mondiale. E i loro nemici (con smaccato simbolismo) sono interpretati dagli stessi attori che interpretano i soldati smarriti: i quali, in definitiva, uccidono loro stessi. Certo, i limiti del film sono evidenti – su questo l'autore aveva qualche ragione. I pensieri dei soldati vengono recitati dalle voci interiori dei personaggi, tutte molto letterarie, uno impazzisce addirittura declamando versi della Tempesta di Shakespeare. Eppure l'amaro senso della Storia tipico di Kubrick, di sentore quasi esistenzialista, la sua cupa e ironica visione dell'uomo, si sentono già tutta in questo film. Tutta kubrickiana è poi l'attenzione antropologica alla guerra, che ben presto tornerà in Orizzonti di gloria (1958) e poi nel Vietnam di Full Metal Jacket (1987). I finali dei tre film sono indicativi di un percorso sempre più lucido e spietato. In Paura e desiderio un dialogo moraleggiante tira le somme della vicenda, davanti a un'immagine di morte e follia. Nel bellissimo finale di Orizzonti di gloria, dopo l'atroce decimazione, i soldati francesi accompagnano cantando a bocca chiusa una spaurita prigioniera che si esibisce sul palcoscenico. E in Full Metal Jacket dei personaggi ancora e sempre dimidiati, dopo aver ucciso un nemico invisibile che stavolta è una ragazzina, si allontanano cantando "Viva Topolin", senza alcuna redenzione, e con un pathos ormai solo sarcastico.
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l'iniziativa
Fino al 15 ottobre, ogni lunedì e martedì in oltre trenta sale sul territorio nazionale (www.ilcinemaritrovato.it) potrete vedere di Dial M for Murder – Il delitto perfetto (1954) di Alfred Hitchcock in lingua originale e nell'edizione restaurata che restituisce il 3D dell'epoca realizzato dallo stesso Maestro del brivido.
Il Cinema Ritrovato. Al cinema proseguirà quindi con un nuovo classico restaurato ogni mese: Il gattopardo di Luchino Visconti (dal 28 ottobre); Les Enfants du Paradis di Marcel Carné (dal 25 novembre); Risate di gioia di Mario Monicelli con Totò e Anna Magnani (dal 9 dicembre); Ninotchka di Ernst Lubitsch con la Divina Greta Garbo (dal 6 gennaio); The Gold Rush – La febbre dell'oro di Charles Chaplin (dal 3 febbraio, in occasione del centenario dell'invenzione del personaggio di Charlot nel febbraio del 1914); La Grande illusion di Jean Renoir con Jean Gabin (dal 3 marzo); Roma città aperta di Roberto Rossellini (dal 31 marzo, in occasione dell'anniversario della Liberazione); Hiroshima mon amour di Alain Resnais (dal 28 aprile); Chinatown di Roman Polanski, con la coppia Jack Nicholson-Faye Dunaway (dal 26 maggio).

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