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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2013 alle ore 18:41.

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Se n'è andata Luisa Pasello, protagonista del teatro di ricerca degli anni '80 - Addio a Patrice Chereau

Nel giorno triste della scomparsa di Patrice Chéreau, se n'è andata dopo lunga malattia anche Luisa Pasello, che con la gemella Silvia è stata una protagonista, e per certi versi un emblema, del teatro di ricerca italiano dagli anni Ottanta. Attrice di solida formazione grotowskiana, ha operato per lo più in quella che di Grotowski è stata la "casa" italiana, il Centro Studi e Ricerche Teatrali di Pontedera, dove ha allacciato un lungo sodalizio artistico e umano col regista Roberto Bacci.

Protagonista di tanti importanti spettacoli, a sua volta drammaturga e regista, perché in quel tipo di lavoro i ruoli non è facile distinguerli, Luisa verrà ricordata per il rigore, per l'appassionata dedizione ai metodi e alla disciplina di lavoro ereditati dal grande maestro polacco, ma anche per la forte personalità con cui vi si è accostata, facendoli propri senza però lasciarsene ingabbiare. E questa sua capacità di essere insieme creativamente duttile e fedele a una scelta, l'ha portata a cercare sempre esperienze diverse in varie direzioni.

La ricordo straordinaria protagonista di Quentin, un lancinante soliloquio diretto da François Kahn su testi di William Faulkner. La ricordo con compagni di strada di tutt'altra matrice e provenienza, come Alfonso Santagata e Claudio Morganti, nel loro stralunato Pas Oublié, o come Federico Tiezzi, che l'ha voluta nei panni cechoviani di Elena in Zio Vanja. E due anni fa, con la sorella, si è persino affidata a un coreografo, seppure atipico, come Virgilio Sieni, che le ha guidate in Due lupi, dalla Trilogia della città di K. di Agotha Kristoff.

Lo spettacolo per cui le gemelle Pasello sono diventate icone di un'epoca e di uno stile è A. da Agatha di Marguerite Duras, capolavoro di Thierry Salmon, il regista belga purtroppo a sua volta prematuramente scomparso: indimenticabile l'immagine speculare delle due attrici, identiche con le loro magliette e mutandine di cotone bianco, al tempo stesso maliziose e infantili, nelle parti di un fratello e sorella legati da un'attrazione incestuosa, il tutto - anche a causa del divieto di rappresentazione da parte dell'autrice - sul tenue filo del non detto, di una sottile e persistente ambiguità.

Ma Luisa e Silvia Pasello hanno avuto anche il merito "storico" di cimentarsi in una magnifica e del tutto anomala interpretazione di Aspettando Godot. Era la prima volta che Vladimiro ed Estragone venivano affrontati da attrici di sesso femminile, suggerendo un nuovo sguardo sulla pièce. Gli eredi di Beckett avevano tentato di opporsi, di fermare lo spettacolo: ma in tribunale avevano vinto loro, il regista e le attrici, ottenendo dal giudice un'importantissima sentenza che sanciva finalmente i diritti della compagnia rispetto a quelli dell'autore.

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