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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2013 alle ore 11:37.

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Le bollicine dell'Oltrepò Pavese: quanto ci piace il pinot nero

L'Oltrepò Pavese è quella parte di territorio prevalentemente collinare, a sud della Lombardia, in provincia di Pavia, oltre il fiume Po. La sua forma ricorda un triangolo, incuneato fra Piemonte, Liguria ed Emilia. E' il punto d'incontro di queste tre regioni con la Lombardia: questo ha fatto sì che nel corso dei secoli sia stato una sorta di laboratorio in cui si sono incontrate, fuse, assorbite tradizioni, cucine, lingue e culture diverse.

E' la terza Denominazione italiana per numero di ettari vitati, ben 13.500, prima per presenza di Pinot Nero, più di 3.000 ettari.
Il territorio comprende 1 Docg, 7 Doc ed 1 Igt.

L'Oltrepò Pavese è nato ufficialmente nel 1164, quando l'imperatore Federico I concede alla città di Pavia il diritto di nominare i consoli nelle località corrispondenti più o meno all'attuale Provincia di Pavia.
E' stato da sempre terreno fertile per la vite: nei pressi di Casteggio, nota come

Clastidium, teatro di battaglia tra Annibale ed i Romani, è stato ritrovato un tralcio di vite di epoca preistorica.

Nella seconda metà del 1800, a Rocca de' Giorgi, il Conte Carlo Giorgi di Vistarino impianta, con successo, diversi ettari di cloni francesi di Pinot Nero: inizia così il percorso che ha reso oggi l'Oltrepò Pavese una delle zone spumantistiche più vocate d'Italia, con il Trentino e la Franciacorta.

Senza voler ripercorrere la sua storia vitivinicola per mancanza di tempo e spazio, basti ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.

Oggi quelli più diffusi sono una dozzina, a cui si aggiungono alcuni vitigni, come ad esempio la Moradella, recuperati e salvati da singoli produttori.

Nell'arco degli ultimi vent'anni questo territorio è stato associato dal grande pubblico soprattutto con la Bonarda, vino rosso e vivace che, per caratteristiche e prezzo, è diventato uno dei vini "da tutti i giorni" preferito dagli italiani: credo sia difficile trovare una famiglia che non metta in tavola almeno un paio di volte all'anno, ma probabilmente sono di più, una bottiglia di bonarda!

Importante è anche il Riesling, ma il vitigno che secondo me caratterizza di più l'Oltrepò Pavese è sicuramente il Pinot Nero.

Innanzitutto per la sua grande versatilità, nella versione ferma può essere vinificato in bianco, in rosso ed anche rosato, come spumante può essere in bianco o in rosato.
In secondo luogo per i grandi risultati e la caratterizzazione territoriale che si possono ottenere, se trattato con amore.

Sulla versione Rosè negli ultimi anni il Consorzio Vini Oltrepò Pavese ha fatto una grande scommessa, lanciando un rosé DOCG Metodo Classico da uve Pinot nero, il Cruasé, termine che deriva da ‘cru', ovvero selezione, e ‘rosè', puntando a farne la bandiera del territorio per quanto riguarda i prodotti di alta gamma.

Scommessa ambiziosa, anche rischiosa, sulla quale sono state investite molte risorse, e che tutti ci auguriamo possa alla fine risultare vincente.
Di seguito voglio presentare due fra le più grandi interpreti delle bollicine dell'Oltrepò Pavese, se non addirittura delle bollicine italiane: Monsupello e Fratelli Giorgi.

Monsupello – Torricella Verzate (PV)
Questa volta non parto dall'inizio, ma da una data piuttosto recente, di circa tre anni fa: il 22 gennaio 2010, quando si è spento all'età di 77 anni il fondatore della Monsupello, Carlo Boatti, detto Tango.
Stiamo parlando di un personaggio che ha fatto la storia della spumantistica italiana, e dell'Oltrepò Pavese in particolare, con oltre 50 vendemmie sulle spalle.
Tango, chiamato così perchè gran ballerino, passione trasmessa alla figlia Laura, insegnante proprio di Tango, oltre che presente in azienda, diceva sempre che senza sua moglie Carla non sarebbe riuscito a fare tutto ciò che ha fatto. Mi piace citare le sue parole: "È lei la mia più grande fortuna, poiché senza di lei non sarei stato capace di fare ciò che ho fatto e di avventurarmi in questo viaggio nel mondo del vino durato molti anni, durante i quali ci siamo amati, abbiamo avuto dei figli e, qualche volta, ballato anche il tango."
Oggi l'azienda, da lui portata ai vertici della spumantistica italiana a partire dagli anni '60, è brillantemente condotta dalla famiglia, dalla moglie Carla, dai figli Pierangelo e Laura, senza dimenticare il ruolo dell'enologo di cantina, "tirato su" dallo stesso Carlo, l'amico Marco Bertelegni.
Attualmente l'azienda conta su circa 50 ettari di vigneti di proprietà, tutti vendemmiati a mano in cassette, con cui si producono circa 210.000 bottiglie annue.

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