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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2013 alle ore 08:54.

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Donne, bambini ed elicotteri: ecco i tre cardini della Biennale Musica numero 57. Poche prime assolute importanti, debutti italiani non sconvolgenti e i grandi defunti come Carter o Berio, che sbranano i pulcini di oggi. Venezia si lascia sfuggire il fronte inglese – Benjamin, Birtwistle o gli allievi – e i contenuti latitano. Tuttavia formalmente il Festival è ben pianificato: si fa la spola ordinata tra Cà Giustinian, sede storica della Biennale, con la lussuosa sala delle Colonne per i concerti da camera, e l'Arsenale. Qui, tra le Tese o il Piccolo si susseguono gli appuntamenti dal pomeriggio. Con un volume in cui sono appuntati date, programmi, testi, che è un vero e proprio libro (247 pagine) e che con mecenatismo viene distribuito gratis. E poi ci sono ancora i bambini, anche quest'anno coinvolti alle esecuzioni. Intere scolaresche disciplinate, con le merendine negli zaini, che vengono dalla provincia intorno, preparati da maestre esemplari per grazia e serietà. Si sciroppano ascolti difficili, fatti di sorprese ma anche di momenti non blandi: attenti, magari commentano (evviva!) guance rosse e nessuno si appisola.
E poi ci sono le donne. La Biennale parte rosa, col Leon d'oro a Sofia Gubajdulina, russa dallo stile multiforme, ieri più ieratica e minimalista, oggi estroversa ed espressionista, e col Leone d'argento a Orsola Spinola, per la meritevole Fondazione Spinola Banna, in Piemonte, dove si promuovono arte e musica contemporanea ai più alti livelli. Purtroppo la Gubajdulina perde l'occasione di un discorso importante sul presente: ringrazia, «spasiba bolshoi», e basta.
Ben altro peso aveva avuto alla scorsa Biennale Pierre Boulez, un Leone con le unghie. Anche il suo brano, Glorious Percussion, per ensemble di percussioni e orchestra, del 2008, mai sentito in Italia, è una spettacolare esibizione di gong, marimbe e cinque grancasse, impegnate nel clangoroso gran finale, ma non lascia sostanziali tracce. È un buon test per la nuova camera acustica alle Tese. E dimostra ancora una volta il divario tra non specialisti e specialisti: Les Percussions de Strasbourg eseguono con esattezza e gusto che conquistano, a prescindere dal brano. Lo stesso vale per il Quartetto Arditti: restano il nome di riferimento per l'interpretazione della scrittura del presente, e infatti in questi giorni se li contendono Venezia, Parma e Bologna. Alla Biennale hanno due date, una giocosa, con la prima italiana del Quartetto degli elicotteri di Stockhausen, e una l'indomani seriosa, con una novità, due debutti italici e un classico, il Quartetto n. 5 di Carter. Il poco ecologico e ormai ventennale brano di Stockhausen, seguito dagli schermi della sala grande del cinema, al Lido, mentre gli arditi Arditti suonano in altezza, ciascuno su un elicottero diverso, rimane un gustoso esperimento. Mezz'ora di fiato sospeso, col pedale-rumore delle pale degli elicotteri, come un moderno mantice di organo, e sopra un estenuante balzato, strettissimo, in gara di resistenza per i quattro archi. Bravissimi, naturalmente. Ma qui soprattutto divertiti e divertenti, sia da vedere nelle quattro proiezioni sullo schermo, sia da accogliere, al rientro insieme ai quattro piloti, come eroi di guerra.
Musica-musica è al concerto-concerto, alla sala delle Colonne, con il debutto di Grado di Andrea Portera, quarantenne, scrittura leggera e minuta, per piccoli brani su quattro gradi sonori. E poi la sera alle Tese, con Roberto Abbado e Orchestra e Coro del Comunale di Bologna impegnati in un grande omaggio a Berio: Epiphanies e Rendering sono molto ben concertati, con passionalità; profilo e suono più romantico che Novecento. Peccato si sentano poco sia la voce di Valentina Coladonato, emula di Cathy Berberian, sia soprattutto il Coro dei bambini nella novità di Claudio Ambrosini, Fonofania, commissione della Biennale. A episodi battenti, di finissima lavorazione, sarà assolutamente da risentire.
Una volta invece basta per Visioni di Daniele Ghisi e Eric Maestri, un'oretta di nero e totem lampeggianti, elettronica sfrigolante, e dolcetto finale di qualche nota, per flauto, sassofono, percussioni e pianoforte. Molto, molto trito.
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Biennale Musica, Venezia; oggi ultimi concerti

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