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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2013 alle ore 16:19.
L'ultima modifica è del 06 maggio 2014 alle ore 17:25.

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Se l'intesa raggiunta prima al Senato americano con 81 voti favorevoli e poi alla Camera con altrettanti 285 sì, ha consentito di evitare il default e ha rasserenato il presidente Barack Obama, la situazione dell'economia e del paese continua a sollevare dubbi e preoccupazioni. Il premio Nobel Joseph Stiglitz, ora docente alla Columbia University, ha fotografato le debolezze americane con estremo rigore e pacatezza in un libro uscito poco prima dell'estate e che consente di capire i guai strutturali e le difficoltà contingenti degli Usa. Il volume s'intitola "Il prezzo della disuguaglianza", accompagnato da un sottotitolo eloquente: "Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro". E quando Stiglitz parla di disuguaglianza intende innanzitutto quella dei redditi che oggi ha raggiunto picchi mai visti dai tempi della grande depressione. Una situazione accresciuta dalla crisi finanziaria del 2008 in cui, dice il premio Nobel, l'1% dei cittadini si è impadronito di più del 65% dei guadagni del reddito nazionale totale.

Le disparità hanno una forte origine nella globalizzazione, processo inevitabile e per nulla da demonizzare, ma da capire e da saper governare. Cos'è successo invece in una manciata di anni? Che globalizzazione degli scambi e del capitale (integrazione del mercato finanziario internazionale) hanno accresciuto in modi diversi la disuguaglianza mentre i paesi dell'Asia hanno tratto enormi benefici. Con l'effetto finale di un certo tipo di gestione di scambi e capitale che ha prodotto negli Usa pochi vincitori e tutti appartenenti ai primi strati della popolazione e tanti perdenti tra la classe media e nella popolazione che occupa gli strati più bassi della scala sociale. Questo di Stiglitz non è un pamphlet di facile denuncia, ma una accurata lettura socioeconomica dell'America ricca di documentazione storica e di tantissimi dati economici (l'autore è stato a lungo senior vice presidente e chief economist alla Banca mondiale). Con il pregio di essere di facile lettura.

Tra i fattori di indebolimento sociale che diventano penalizzanti anche nella costruzione di una solida e duratura ripresa, Stiglitz annovera il declino dei sindacati scesi all'11,9% a fine 2010, un fatto che "ha creato uno squilibrio di potere economico e un vuoto politico". Se il mercato del lavoro flessibile aiuta l'economia è anche vero che un minimo di garanzie favorisce la creazione di forza di lavoro di qualità superiore, con lavoratori più fedeli alle loro aziende e più disponibili a investire si se stessi e sul proprio lavoro. Situazione che ormai è difficile trovare e questo impoverisce il paese e crea nuove disuguaglianze. La finanza, il governo societario delle imprese, la gestione della politica e il grandi temi della sanità, del deficit (con tutta la sua storia), del budget, delle politiche monetarie sono altrettanti capitoli ampiamente documentati e argomentati. E in ogni approfondimento si scorgono gli elementi per capire le difficoltà di Obama e il disagio diffuso tra gli americani.

C'è speranza si chiede il premio Nobel? Se un'agenda di lungo periodo deve far leva su riforma economica (che Stigliz dettaglia in una serie di punti), su riforma fiscale (in cui inserisce la questione dell'accesso all'istruzione, dell'assistenza medica per tutti, di miglioramenti nella protezione sociale) e sulla piena occupazione che può essere raggiunta grazie anche a una nuova intesa sociale, se tutto questo ha tempi medio lunghi ci sono però alcune questioni immediate da avviare. E queste sono: interventi nell'occupazione e nel settore immobiliare, agendo anche sulle banche che "devono essere incentivate, e forse costrette, a ristrutturare i mutui ipotecari". Infine va affrontata e discussa la riforma della politica che arrivi a ridurre il divario fra chi ha e chi non ha, a modificare il rapporto tra quell'1% che detiene tutto e quel 99% che arranca. La questione politica prende il nome innanzitutto di uguaglianza così da arrivare ad avere "un'economia più dinamica ed efficiente, e una società più equa". Stiglitz, ci crede.

Joseph E. Stiglitz, "Il prezzo della disuguaglianza", Einaudi, Torino, pagg. 474, euro 23,00

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