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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2013 alle ore 16:21.

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Io sono mare e terra, ferro e fuoco, dei e fulmini. Io sono "Medea". Tremenda ed efferata, capace di surclassare qualunque thriller di moderna concezione, la barbara primordiale, nella poco visitata teatralmente versione di Seneca, detona mito senza tempo al Piccolo, anima scorticata che fa scempio di sé, dei suoi furori e sogni, corpo, palpito e voce di una sempre più brava Maria Paiato. Nelle ultime ore che la separano dall'esilio, Medea graffia senza tregua le insanabili ferite, mostrando senza ritegno il dolore da dentro che la scarnifica, si dimena nella reggia di Creonte, pensata scenograficamente da Francesco Ghisu come una fabbrica in disarmo a Detroit, geenna avvolta in un grigio abisso di decadenza e solitudine, qui la fattucchiera della Colchide svela il volto deforme e terrificante da bestia ferita. Il ritmo registico di Pierpaolo Sepe è ossessivo e incombente, modernamente incastonato nel cuore della tragedia, lì dove si consuma la vendetta cieca e straziata di chi vede come unica via di scampo la distruzione.

Tremano le pareti del regno barcollante, la ragione precipita a caduta libera, Medea-Maria, provocatrice e sublime vittima tra luci fioche e ombre lunghe, imprecazioni e autocommiserazione, plasma ondivaga il racconto della sua diversità. Lei la straniera, colpevole di amare Giasone, di non accettarne il tradimento, lei che ha ucciso per amore, solo per amore, urla fino allo spasimo, torcendosi le mani imbrattate del sangue blasfemo dei suoi amati figli, tutto si trasforma in delirio irrefrenabile, in orgia di perdizione. Una tromba d'aria che disperde qualunque logica o certezza, male e ancora male, travolge e annienta mentre la forestiera si gode lo spettacolo.

Con lei fino al rogo finale, Creonte gringo di Orlando Cinque, Giasone ben delineato da Max Malatesta, il corifeo santone rock di Diego Sepe e la nutrice lolita in black di Giulia Galiani. Non c'è scampo per la nostra eterna umanità martoriata, non c'è rifugio per le anime vilipese, il mondo si sgretola e dissolve nelle mani assassine di Medea, la colpa annienta tutto, assolve e condanna. E tutti, proprio tutti, siamo partecipi e colpevoli.
"Medea" di Seneca fino al 3 novembre al Piccolo Teatro Grassi.

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