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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2013 alle ore 08:57.

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Nell'estate del 2007, Romeo mi chiamò per chiedermi di scrivere un articolo sul grande fisico italiano Giuseppe Occhialini, di cui ricorreva il centenario della nascita. Risposi che non avevo proprio tempo per farlo, ma mi rispose che lo avrebbe scritto lui, «ti farò da ghost writer», se gli davo per telefono un quadro di quello che sapevo su Occhialini e di come vedevo la sua opera. Dopo qualche giorno, mi mandò un articolo praticamente perfetto, che uscì, con poche correzioni, su «Repubblica». L'articolo conteneva molte più cose di quelle che gli avevo detto. Romeo era una persona di grande cultura e di grandi curiosità, soprattutto per la fisica e per i fisici. Da allora, scrivemmo diversi articoli con lo stesso metodo: una lunga conversazione, una bozza di partenza e le correzioni per l'articolo definitivo. Su tutti, Romeo era capace di mettere frasi che rischiaravano il testo con le sue osservazioni penetranti. Ricordo i ritratti per il Sole 24 Ore di Richard Feynman, Phil Anderson, Lev Landau, fino a quello di Edoardo Amaldi che scrivemmo veramente a quattro mani e che Romeo inquadrò nel clima entusiasta dell'Italia degli anni Sessanta, con Olivetti, la 600 e il resto.
Ho detto della passione di Romeo per la ricerca e per come viene fatta e divulgata. Romeo, come tutti noi, era affascinato dalla personalità di Nicola Cabibbo. Quando sembrava imminente il Premio Nobel per Nicola, nel 2009, Romeo, allora capo ufficio stampa dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, presidente Roberto Petronzio, gli fece una lunga intervista filmata. Non l'ho mai vista, e penso che sarebbe bello che la Rai e l'Infn la mandassero in onda come un omaggio dovuto al grande fisico e al grande divulgatore scomparsi.
Dopo gli articoli scritti insieme, coltivavo l'idea di scrivere un libro con Romeo sulla saga del bosone di Higgs, Lhc e tutto il resto (uscito da poco per Mondadori università, ndr). Ne parlammo a lungo ma la cosa si intrecciò con le prime manifestazioni del suo male. Nonostante questo, nell'aprile del 2012 decidemmo di muoverci. Preparammo una scaletta di ferro, con un piano dei capitoli, uno per uno, e una descrizione dei contenuti. Lo preparammo in un pomeriggio nel suo ufficio all'Infn, in piazza dei Caprettari, e quella fu, per circa un anno, la nostra bussola. Questa volta ero io che iniziavo, buttando giù un testo che conteneva le informazioni a mia disposizione e Romeo interveniva dopo, con il suo stile illuminante, a dare tagli, colore e luce qua e là. Modestamente, lui diceva che era solo il parrucchiere che aggiustava l'acconciatura... ma che parrucchiere! Nel 2012 fui per molto tempo in Messico, con sette ore di fuso orario rispetto a Roma. Quasi non c'era bisogno di parlarci. Io scrivevo, la sera gli mandavo il capitolo e il giorno dopo ricevevo il testo rivisto, per un nuovo passaggio. Quando era soddisfatto, mi mandava messaggi che concludevano con «que viva Mexico!». Ma una volta gli mandai un capitolo (fuori scaletta) con un taglio un po' troppo personale e lui, gentilmente ma fermamente, mi disse che non ce lo vedeva e che avrei dovuto tenermelo per una futura autobiografia. Piccato, risposi che lui era il direttore artistico e che per questo mi uniformavo. Tutto suo, invece, il pezzo di colore su Lhc, il tunnel e il Cern che volle mettere all'inizio, come premessa al libro, e che accettai volentieri. Anche sue le esilaranti risposte dei giornalisti sul possibile buco nero, all'obiezione che non poteva venir fuori di sicuro nel giorno in cui giravano i primi fasci senza scontrarsi («ormai l'articolo l'ho scritto... e poi... prima a poi il buco nero lo farete») e le notazioni sui caratteri Comic San impiegati da Fabiola Gianotti nel capitolo sulla scoperta del bosone di Higgs, da cui peraltro Fabiola emerge come un vero personaggio di taglia, ben prima del «Times».
L'ultimo articolo su cui abbiamo collaborato per la Domenica è stato per Pontecorvo, «ti scrivo l'incipit». La figura di Pontecorvo affascinava Romeo, che fece molto per propagandare le manifestazioni del centenario. In una delle ultime conversazioni con Carlo Dionisi, che organizzava la conferenza svolta in settembre a Roma, Romeo concludeva con la sua frase «in alto i cuori». Così lo ricorderemo.
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