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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2013 alle ore 16:19.
L'ultima modifica è del 27 ottobre 2013 alle ore 17:56.

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Il nuovo corso intrapreso dall'Aterballetto – collaborazioni creative con autori italiani e stranieri di diverse generazioni e stili per un repertorio con più firme - incassa un altro meritato successo con il debutto di Rain dogs di Johan Inger, lavoro del 2011 per il Balletto di Basilea e rimodellato ora dal coreografo svedese (già direttore del Cullberg Ballet, interprete di Kylian fino al 2002, e ora coreografo associato del NDT) per la smagliante compagnia diretta da Cristina Bozzolini. A ulteriore dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, dell'eclettismo dei danzatori e di una rinnovata identità qualitativa. Rain dogs offre a loro un nuovo respiro sia sul piano tecnico che interpretativo. Basti vedere, uno per tutti, l'interpretazione di Hektor Budlla che rivela qualità mimiche e ironiche inedite.

È lui, barbone o hip hopper, chiuso nel buio del proscenio, ad aprire la coreografia, ragazzo mezzo matto, che parla da solo, e con in mano un grande registratore, compagno della sua solitudine. "Cane" randagio ai margini della strada. Smarrito, e in cerca di altri esseri da "annusare". All'alzarsi del sipario una coltre di fumo invade la scena. Avvolta in quella nebbia c'è una fila di ballerini che si muovono all'unisono e dalla quale si staccheranno uno ad uno per subito rientrarvi, e, ancora, disperdersi, sotto il cadere di una pioggia di pulviscoli, interrotta, nello stacco tra luce e buio, dall'apparizione di un enorme pupazzo bianco, un cane fumante. I giovani si schierano frontalmente, strisciano a terra, girano in cerchio, compongono terzetti e duetti che sembrano duelli.

Ritornano in assoli che ne definiscono le personalità. Si cercano, si rincorrono, si baciano, si seducono (la ragazza a terra con le gambe aperte che subito si sottrae al partner), per muoversi ancora in gruppo sparendo e ricomparendo con gli abiti maschili e femminili scambiati. In quello spazio notturno illuminato superbamente da ampi fasci di luci che determinano una forte teatralità alle visioni oniriche di Inger, il gesto astratto, ironico, duro e morbido, si fa racconto di relazioni interpersonali, di comportamenti umani, grazie ad una coreografia che emana odori acri – di pioggia sporca, di strada, di esistenze alla deriva - scaturenti dalla voce aspra, graffiante e malinconica di Tom Waits. Sono le sue canzoni (dall'album omonimo) con le sue storie intime, ad aver ispirato Inger e a determinare l'atmosfera notturna nella quale, infine, una coppia – il ragazzo solitario ora con una compagna di strada - si perde allontanandosi di spalle, e a saltelli, verso una stereofonica scultura totemica composta da amplificatori, richiamati dal suono della notte.

«Rain Dogs»
coreografia di JOHAN INGER
musica TOM WAITS
scene e Costumi JOHAN INGER
luci PETER LUNDIN
compagnia Aterballetto, al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia per il festival "Aperto".
In tournèe.
www.aterballetto.it

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