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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2013 alle ore 12:59.
L'ultima modifica è del 27 novembre 2013 alle ore 13:00.

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Prince AvalanchePrince Avalanche

L'utopia socialista raccontata coi filmini di famiglia: «Il treno va a Mosca» è un maestoso documentario firmato da Federico Ferrone e Michele Manzolini che hanno recuperato, selezionato e ri-montato diverse pellicole amatoriali realizzate negli anni '50 in occasione di uno storico evento.

Nell'estate del 1957 si svolse a Mosca il sesto festival mondiale della gioventù, a cui parteciparono circa 34.000 persone provenienti da 131 Paesi. Tra questi c'erano anche dei giovani cineamatori provenienti da Alfonsine, cittadina romagnola.
Titolo tra i più importanti visti fino a oggi in concorso al Torino Film Festival 2013, «Il treno va a Mosca» racconta la storia di un'illusione e della sua fine, tramite le parole in prima persona di Sauro, barbiere ormai in pensione, protagonista di quel viaggio e autore della maggior parte dei filmati che ci vengono mostrati.

Quello di Ferrone e Manzolini è un lavoro prezioso, lucido e commovente che riesce a trasmettere emozioni praticamente impossibili da suscitare con un prodotto di finzione.
Le immagini, private e inedite, forniscono uno straordinario valore di testimonianza sugli anni in cui la propaganda sovietica portava speranze ed entusiasmo in quegli italiani che, una volta raggiunta l'agognata Mosca, si troveranno davanti un mondo molto diverso da quello che pensavano e speravano.

Convince, pur con qualche riserva, anche l'atteso «Prince Avalanche» di David Gordon Green, vincitore dell'Orso d'Argento all'ultimo Festival di Berlino e inserito a Torino nella sezione «Festa Mobile». Ambientato in Texas nell'estate del 1988, il film ha per protagonisti Alvin e Lance (interpretati rispettivamente da Paul Rudd ed Emile Hisch), operai costretti a ridipingere la segnaletica di un'interminabile strada di campagna. Isolati e lontani dalla città in cui vivono, sentono la mancanza delle cose che più amano: per Lance le feste e le belle ragazze, per Alvin la fidanzata (sorella maggiore del suo compagno di sventure) a cui scrive appassionate lettere d'amore.
Remake dell'islandese «Either Way» (vincitore del Torino Film Festival 2011), «Prince Avalanche» è un film che, sotto le vesti della commedia, nasconde toni nostalgici e malinconici. David Gordon Green, furbescamente, calca la mano sulle immagini più poetiche del paesaggio circostante, allungando il suo lavoro anche oltre la durata necessaria. Nel complesso la pellicola riesce comunque a intrattenere e a far riflettere, seppur siano presenti alcune ambizioni filosofiche decisamente di troppo.

Un prodotto che colpisce è anche «Big Bad Wolves», film israeliano di Aharon Keshales e Navot Papushado, inserito da Quentin Tarantino tra i suoi titoli preferiti del 2013.
La pellicola si apre con un tragico evento: una bambina scompare e pochi giorni dopo viene trovata violentata e uccisa in un bosco. Un poliziotto locale è convinto che il responsabile sia un insegnante del liceo. Venato di cinico humour nero, «Big Bad Wolves» è un film sul sospetto, sul senso di colpa e sui lati più oscuri della natura umana.
Impeccabile nella costruzione drammaturgica della tensione, la pellicola cade soltanto nel finale: una chiusura troppo frettolosa per un'opera realizzata con grande cura.

Infine, da segnalare negativamente «V/H/S/2», film horror diviso in vari episodi, ognuno diretto da un regista differente. Presentato nella sezione «After Hours», risulta fin dalle prime battute un progetto fallimentare: i vari cortometraggi non sono ben amalgamati tra loro e, anche presi singolarmente, appaiono deboli e superficiali.
L'unico capitolo che si salva è «Safe Heaven», un vero e proprio tour de force satanico senza esclusioni di colpi, diretto da Gareth Evans (autore di «The Raid») in coppia con l'indonesiano Timo Tjahjanto.

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