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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2013 alle ore 15:25.

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Una scena da «Only Lovers Left Alive»Una scena da «Only Lovers Left Alive»

Vampiri d'autore targati Jim Jarmusch: in «Only Lovers Left Alive», il regista americano ha messo in scena una malinconica storia d'amore tra due "mostri succhiasangue" molto diversi da quelli rappresentati negli ultimi anni sul grande schermo.
Adam e Eve sono due vampiri innamorati ormai da diversi secoli: entrambi, lui a Detroit lei a Tangeri, conducono un'esistenza bohemienne sorseggiando sangue da bicchieri di vetro e ascoltando musica colta. La coppia si ritroverà e insieme affronteranno la decadenza del mondo contemporaneo.

Chi pensava a due protagonisti in stile «Twilight» dovrà ricredersi: i vampiri di Jarmusch sono una potente metafora di una certa umanità di oggi, costretta a vedere la cultura e la bellezza della terra svanire lentamente davanti ai propri occhi.
Presentato in concorso all'ultimo Festival di Cannes, «Only Lovers Left Alive» è un grido di resistenza a favore di un cinema libero, spontaneo e distante da ogni logica commerciale. Jarmusch si conferma uno dei massimi poeti del cinema di oggi con un film dove immagini e suoni danzano all'unisono, dando vita a uno struggente concerto audiovisivo. Straordinari anche i due protagonisti, Tom Hiddleston e Tilda Swinton, perfettamente in parte dal primo all'ultimo minuto.

Meno convincente è «All Is Lost» di J.C.Chandor con Robert Redford.
L'attore interpreta un viaggiatore in solitaria che sta attraversando l'Oceano Indiano con la sua barca a vela: durante la traversata dovrà affrontare diversi gravi imprevisti.
Inserito nella sezione «Festa Mobile», «All Is Lost» è un prodotto originale e potente che scade però in troppi cliché tipici del cinema hollywoodiano, soprattutto con l'approssimarsi della debole conclusione.
Peccato perché le premesse per un'opera importante c'erano tutte, ma il regista non ha voluto fidarsi pienamente dell'ottimo soggetto di base e ha infarcito la sua pellicola di troppi inserti retorici.

Bella prova di Redford, intenso come non li si vedeva da diverso tempo e in odore di nomination ai prossimi premi Oscar.
In concorso, stupisce «Pelo malo», opera terza della venezuelana Mariana Rondón.
Vincitore della Concha de Oro all'ultimo Festival di San Sebastián, il film ha per protagonista il piccolo Junior, bambino di nove anni ossessionato dai suoi capelli ricci che tenta di lisciare con i metodi più ingegnosi. Vuole apparire simile a un cantante pop, almeno nell'annuario della scuola, ma sua madre ha idee molto diverse.
Riuscito ed emozionante, «Pelo malo», in soli novanta minuti, riesce a toccare diversi argomenti importanti: dall'identità sessuale al bisogno di apparire diversi da come si è, fino a una riflessione sulla difficile esistenza nella Caracas contemporanea.
Nonostante la tanta carne al fuoco, la regista riesce ad amalgamare al meglio tutti gli ingredienti costruendo una pellicola segnata da un ottimo ritmo e da un montaggio frenetico.

Il giovanissimo attore Samuel Lange Zambrano è il valore aggiunto di uno dei titoli favoriti alla vittoria finale.
Parte in seconda fila per il palmarès, invece, «Club Sándwich» di Fernando Eimbcke.
Al centro le vacanze di una madre single, Paloma, con il figlio quindicenne, Hector. La loro complicità rischia di perdersi quando Hector conosce Jazmin, una coetanea decisamente più sveglia di lui con la quale scatta subito una forte attrazione reciproca.
Dopo essersi fatto conoscere al mondo del cinema con il mediocre «Sul lago Tahoe» (2008), Eimbcke dimostra maggiore maturità con un film profondo e coraggioso.
Peccato per alcune sequenze troppo forzate e poco spontanee, che fanno risultare «Club Sándwich» un prodotto interessante ma eccessivamente costruito a tavolino.

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