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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2013 alle ore 15:01.

«Club Sándwich» sul trono del Torino Film Festival 2013: l'ultima pellicola del messicano Fernando Eimbcke ha ottenuto il riconoscimento più importante della kermesse piemontese.
Vincitore del titolo di miglior film, «Club Sándwich» racconta un curioso triangolo che vede protagonisti una madre single e possessiva, il figlio quindicenne e una coetanea che si dimostra particolarmente attratta da quest'ultimo. Il risultato è una pellicola coraggiosa (seppur troppo studiata a tavolino) che però non ha messo d'accordo tutti: di certo non mancheranno le polemiche vista la nazionalità del presidente della giuria Guillermo Arriaga, conterraneo (entrambi sono nati a Città del Messico) di Fernando Eimbcke.
Il Premio Speciale della Giuria è andato alla commedia esistenziale «2 automnes 3 hivers» diretta dal francese Sébastien Betbeder, mentre quello per la Miglior Sceneggiatura all'ottimo «Pelo Malo» di Marina Rondón. Il film venezuelano (per molti il vero apice del concorso) ha ricevuto diversi premi collaterali e ha regalato alla sua protagonista, Samantha Castillo, il titolo di Miglior Attrice.
La menzione come Miglior Attore, invece, all'intenso Gabriel Arcand per «Le démantèlement» diretto dal canadese Sébastien Pilote.
Grande soddisfazione italiana con il Premio del pubblico per «La mafia uccide solo d'estate», il sorprendente esordio di Pif. Peccato per l'altro film di casa nostra in concorso, «Il treno va a Mosca», rimasto a mani vuote nonostante sia stata una delle visioni più intense dell'intero festival.
Nelle sezioni collaterali relative ai documentari: il titolo nella categoria "Internazionale.doc" a «A Spell to Ward Off the Darkness» di Ben Rivers e Ben Russell; quello di "Italiana.doc" a «I fantasmi di San Berillo» di Edoardo Morabito.
Infine, al termine della cerimonia di premiazione, è stato presentato «Grand Piano», film di chiusura della manifestazione.
Diretta dallo spagnolo Eugenio Mira, la pellicola ha come protagonista un celebre pianista (interpretato da Elijah Wood) che soffre di panico da palcoscenico: una fobia che lo costringe a stare lontano dai riflettori per diversi anni. Quando riesce a tornare davanti al pubblico, durante il concerto trova sullo spartito un messaggio minaccioso: «Suona una nota sbagliata e morirai».
Definito una sorta di "«Speed» al pianoforte" (il riferimento è al film di Jan de Bont del 1994, con Keanu Reeves), «Grand Piano» gioca tutte le sue carte migliori nella prima mezz'ora, diventando sempre più ridondante e scontato col passare dei minuti.
Alcuni colpi di scena e un buon soggetto di partenza non bastano a nascondere i difetti di un film che rimane vittima di troppi cliché e di una regia non all'altezza.
Menzione negativa anche per Elijah Wood, bravo al pianoforte ma poco espressivo e incapace di trasmettere adeguatamente i tormenti interiori del suo personaggio.
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