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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2013 alle ore 10:37.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2013 alle ore 12:08.

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Fatevi avanti! Se qualcuno volesse denunciare un libro per oscenità, nello stile dei grandi processi storici, da L'amante di Lady Chatterley a Ragazzi di vita di Pasolini passando per il Tropico del Cancro, potrebbe tranquillamente farlo. L'articolo 528 del codice penale, che punisce con la galera, da tre mesi a tre anni, tutti coloro che collaborano alla pubblicazione e diffusione di un libro osceno, dall'autore al tipografo, è ancora lì, dopo una lunga e onorata carriera.

Certo: le procure di questi tempi hanno ben altro di cui occuparsi ma la denuncia verrebbe quanto meno presa in considerazione e tutt'al più archiviata. L'articolo 529, coevo e complementare al 528, stabilisce infatti una scappatoia per le opere d'arte e di scienza. Inoltre il comune senso del pudore si è evoluto rispetto ai plumbei e pruriginosi anni '50 della Guerra Fredda e dei governi Scelba e Tambroni quando in Rai si poteva dire "magnifico" ma non "magnifica", per via di quell'equivoco pezzo finale della parola.

In Maledizioni, un racconto-inchiesta che si dipana tra tribunali, archivi di Stato e archivi delle case editrici, il giornalista Antonio Armano ripercorre la storia delle persecuzioni ai libri. Il sottotitolo ("Processi, sequestri e censure a scrittori e editori in Italia, dal dopoguerra a oggi anzi domani") fa pensare a una storia che riguarda il nostro Paese ma in realtà, come scrive l'autore nella introduzione, quella per la libertà di espressione in narrativa è una battaglia che si è combattuta – e talvolta si combatte ancora – in tutto il mondo. Una storia globale e universale dove gli stessi titoli e autori spesso sono stati processati oggi a Parigi, domani a Londra, l'altro ieri a New York. Vedi Allen Ginsberg, poeta beat ma anche ebreo, omosessuale e pacifista, processato in California, espulso da Cuba e Praga, arrestato a Spoleto, pubblicato da Mondadori negli anni '60 con le parolacce sostituite dalla iniziale e dai puntini al posto delle rimanenti lettere: "c....", "f...", eccetera. O da sigle: b.d.c. indovinate un po' per cosa stava? L'oscenità, dunque il sesso, è il principale oggetto del contendere (ignorato da quasi tutti i romanzieri dell'800, poi arriva Freud), ma ci sono anche altri reati, come il vilipendio della religione o delle forze armate e infine la diffamazione. Anzi: oggi soprattutto la diffamazione.

Riguarda la diffamazione l'ultimo caso – inedito - di Maledizioni: il processo contro Alessandra Cenni, studiosa militante, autrice della biografia di Antonia Pozzi (In riva alla vita). La Cenni ha raccontato per la prima volta della storia d'amore tra la 17enne poetessa e il suo professore di liceo, Antonio Maria Cervi. Un legame che è continuato per anni ma non andava giù al padre della Pozzi in quanto il Cervi era molto più anziano, di condizione sociale inferiore (lei era una contessa) e per giunta di origine meridionale. Così il legame si è rotto e la Pozzi ha subito la prima di una serie cocenti di delusioni esistenziali che l'hanno portata nel '38 a uccidersi. Il racconto di quella vicenda d'amore così lontana ha spinto una pronipote del professor Cervi a querelare la Cenni per la biografia (dove si ipotizza tra l'altro che la poetessa possa essere rimasta incinta e abbia interrotto la gravidanza). La Cenni ha vinto i primi due gradi di giudizio e la Cassazione si deve pronunciare. Insomma si fa presto a dire: tutta pubblicità; le causa penali o civili che siano sono una via crucis anche se in alcuni casi si convertono in un'occasione mediatica. Aldo Busi, processato a Trento per Sodomie in corpo 11, e difeso dall'attuale sindaco di Milano Giuliano Pisapia, alla fine dell'udienza – il primo processo a un libro ripreso dalla tivù - ha chiamato la mamma per dirle che era andata male. Cioè l'avevano assolto.
E sul libro successivo ha fatto scrivere in fascetta uno slogan geniale: "Il romanzo ingiustamente non processato per oscenità".

Infine una annotazione di stile: se la Pivano ha lottato tutta la vita "per poter scrivere culo" oggi, mentre nessuno si nega più qualche descrizione sessuale, si è tornati ai più pudichi e brutti sinonimi deplorati da Arbasino: a termini terribili come "membro" o "vulva" da rivista porno d'antan. Certo l'italiano, dice sempre Arbasino, è meno adatto dell'inglese con le sue cosiddette "four letters words" (dick, fuck eccetera), che hanno fatto il loro ingresso nella letteratura "alta" grazie a D. H. Lawrence e al già citato romanzo non a caso censuratissimo: L'amante di Lady Chatterley.

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