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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2013 alle ore 15:54.

Il nome che uscirà vincitore dalle primarie del Pd non è indifferente. Non lo è per quel che accadrà da lunedì nella ridefinizione di giochi politici e del governo Letta; non lo è per le sorti immediate e future della sinistra. Cuperlo, Renzi e Civati interpretano tre diverse idee dell'agire politico che si declina in progetti antagonisti. L'attenzione sui candidati e sulle alleanze nazionali che ne scaturiscono ha distolto l'opinione pubblica e gli osservatori dallo stato di salute del Pd come partito. Berlusconi ha agito da coperta avvolgente per i guai della sinistra. Non solo, ha ritardato una seria cura di interventi drastici e chiarificatori sull'organizzazione, le finalità, la nuova identità. Con un esito oggi ancora incerto: ci sarà il nuovo segretario, ma ciò che seguirà potrebbe essere un grande laboratorio. Una situazione precaria nel momento più delicato ed economicamente più difficile del Paese.

Marco Damilano, inviato di politica interna per il settimanale l'Espresso, non usa mezze misure per fotografare le vicende confuse della sinistra: "È il risultato di una guerra civile a sinistra durata vent'anni". Il suo libro, uscito da poche settimane, "Chi ha sbagliato più forte" (Laterza, pagg. 266, euro 15), racconta l'avventura della sinistra italiana dalla nascita dell'Ulivo agli ultimi atti del Pd con l'imprevisto parricidio consumato dai "centouno che a volto coperto hanno eliminato Romano Prodi dalla corsa per il Quirinale". Se la destra sta chiudendo il suo ventennio con scissioni e un serio problema di leadership, la sinistra non ha lavorato per arrivare pronta al cambio della guardia. Le stesse primarie scontano errori e trucchi d'altri tempi (un esempio, lo scivolone dei tesseramenti). La situazione promette un esito indesiderato: lo stallo italiano continuerà a lungo. A poche ore dalle consultazioni Cuperlo, Renzi, Civati hanno opinioni divergenti sulla legge elettorale dopo la cancellazione del Porcellum per decisione della Corte costituzionale. E non è poco. Proprio sulla questione elettorale, Romano Prodi, che aveva dichiarato qualche settimana fa che non avrebbe partecipato alle primarie, ci ha ripensato e voterà per sostenere il candidato contrario alla cultura proporzionalista e difensore del bipolarismo.

Una sinistra tante anime, pochi progetti comuni. Il saggio di Damilano racconta le occasioni perdute, le difficoltà ad abbandonare le vecchie ideologie e a presentarsi con un volto moderno ed adeguato al Paese. Il libro si muove su due piani: il ricordo del cronista che ridà voce ai quaderni di appunti presi nei congressi, alle manifestazioni, tra la gente, durante lunghe conversazioni con gli attori principali; a questo diario personale si affiancano le pagine di ricostruzione documentata dei fatti politici. Ne esce una radiografia minuziosa e ricca di episodi, anche piccoli, ma che giocano un ruolo importante nella formazione di un sentire diffuso, di una cultura che cede di fronte alle decisioni importanti. C'è poi l'arte del rinvio che si trasforma in debolezza culturale, istituzionale, perfino etica. Il tempo, vent'anni, ha man mano unito le tessere di questo mosaico e ora mostra i risultati: la Seconda Repubblica presenta il conto di una triste storia firmata centrosinistra con tratti catastrofici. La Terza Repubblica non potrà che partire in salita con una sinistra ancora confusa. Un elemento ricorre nel libro, è la liquidazione frettolosa dell'esperienza dell'Ulivo che si presentava come proposta moderna di superamento delle ideologie e di partito per una sinistra larga e complessa. Nelle primarie è spesso ricorsa l'immagine della "Terra promessa", ovvero di una sinistra che ha il suo Mar Rosso da passare, deve lasciare la prigionia d'Egitto e, guidata dal suo Mosè, raggiungere la meta. L'immagine è soprattutto evocata dalla sinistra storica le cui radici risalgono al Pc e poi al Pds: di questa evocazione si è fatto carico Gianni Cuperlo. Ma quale "Terra promessa"? Quando ancora molti vivono il lutto della perdita dell'appartenenza comunista e vorrebbero riproporla e chi, invece, ha pensato di superare il giudizio storico di condanna con una nuova formazione (Ulivo e poi Pd) è stato ostacolato. Una caduta provocata dalla "faida interna al Partito democratico che non è riuscito a eleggere un presidente della Repubblica e un capo di governo". Damilano è severo: "La crisi del centrosinistra è diventata crisi istituzionale". Non solo: "La Terra promessa di una democrazia dei cittadini e di una competizione tra schieramenti si è capovolta nel suo opposto. E il Pd è finito per diventare, beffardamente, un modello per tutto il sistema politico. Da anni il centrosinistra è una corporation guidata da un patto di sindacato, con un amministratore delegato e provvisorio, in cui si avanza o si arretra in modo impercettibile, nessuno vince e nessuno perde perché nessuno davvero si mette in gara".
Chi romperà senza esitazioni il "patto di sindacato"? La scommessa è aperta.

Marco Damilano, "Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, i duelli dall'Ulivo al Pd", Laterza, Roma-Bari, pagg. 266, euro15,00

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