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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 12:54.
L'ultima modifica è del 12 dicembre 2013 alle ore 17:16.

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Milano capitale mondiale della bicicletta. Merito del Bike Film Festival, appuntamento cult per gli amanti delle due ruote, che quest'anno si stabilisce a Lambrate per una tre giorni dedicata alla racconto della bicicletta in ogni sua forma ed espressione. Nato 13 anni fa a New York da un'idea di Brendt Barbur, oggi il Bike Film Festival è presente in 40 città di quattro continenti e rappresenta un volano di quella rivoluzione e pedali che (piano piano) sta arrivando anche in Italia.

Brendt, sono passati quasi 15 anni dalla prima edizione del Bike Film Festival. Quali effetti ha avuto sui movimenti di ciclisti urbani che, in tutto il mondo, stanno tentando di dare un nuovo volto alle città?
Il Bike Film Festival è la celebrazione del ciclismo di qualsiasi genere, attraverso i film, l'arte e la musica. In questi anni abbiamo visto cambiare molte città. Ed è stato un cambiamento positivo. Credo che il festival sia stato un catalizzatore importante per quello che considero uno dei movimenti più significativi di questo secolo. Un punto di incontro e un'occasione di scambio. Ovviamente i fattori che hanno contribuito alla crescita del ciclismo urbano sono molti. A partire dalle persone, che chiedono di poter andare a lavorare o in giro per la città senza essere costrette a guidare l'auto per una o due ore al giorno.

Qual è l'esperienza che ti ha colpito di più?
Beh, il cambiamento di Londra in questi anni è stato incredibile. Come quasi tutte le città, ha enormi problemi di traffico e le aziende perdono milioni di sterline mentre le loro merci vengono consegnate in ritardo. Anche il trasporto pubblico è al limite. La bicicletta non può essere la soluzione, ma senz'altro può essere una delle soluzioni. In questa idea hanno creduto aziende importanti come Barclays, che ha sponsorizzato il servizio di bike sharing. E anche il Bike Film Festival. Ma Londra non è un caso isolato. Per esempio, ricordo un bellissimo discorso del sindaco di Sydney, Clover Moore, una donna visionaria, che lanciò un vero grido di battaglia a favore della bicicletta.

Per il secondo anno consecutivo, in Italia, sono state vendute più bici che automobili, ma molte istanze del ciclismo urbano faticano a entrare nell'agenda politica e la cultura della bicicletta stenta a decollare. Perché?
L'automobile ha un'immagine fortissima. Molte persone proiettano la propria identità nell'auto che possiedono. In questo l'azione di Hollywood è micidiale. Chi va in bicicletta è sfigato e, probabilmente "Vergine a 40 anni", come recita il titolo di un film. Le agenzie di comunicazione ne fanno lo strumento per rendere la vita meravigliosa… chissà perché c'è mai traffico nella pubblicità? In realtà, è vero il contrario. Spesso i ciclisti urbani hanno un reddito e una formazione superiore alla media. Il nostro pianeta ha il mal d'auto, il problema è che non è più sostenibile pensare allo spazio urbano in una logica auto-centrica.Il festival è un evento multidisciplinare con film, concerti, mostre, spettacoli, gare e laboratori per bambini. Adesso una nuova sfida: Lambrate, un'area da valorizzare e reinterpretare.Se le persone scoprono qualcosa che gli piace, ci torneranno. Spesso, a New York, gli immobiliaristi ci offrono spazi per ospitare i nostri eventi perché sanno che è un modo per dargli valore. Abbiamo convertito un gigantesco spazio commerciale di due piani in una galleria: subito dopo il padrone l'ha affittato. E adesso è un negozio importante di macchine fotografica, nonché il nostro quartier generale. La stessa cosa è successa a Los Angeles. E la stessa, ne sono convinto, succederà a Lambrate. Dove, tra l'altro, c'era la mitica Faema, la squadra del più grande campione di tutti i tempi, Eddy Merckx . Ma anche Cinelli ha la sue radici in questo quartiere.

A Firenze il Bike Film Festival si è "mischiato" con i mondiali di ciclismo. Com'è andata? In futuro potrebbero esserci sinergie con altri eventi?
Io preferisco che il Bike Film Festival resti un evento a sé stante. Ci impegniamo molto per coinvolgere la comunità locale e lo sforzo è soprattutto quello di declinare un evento internazionale per adattarlo al meglio alle città in cui lo portiamo. Si tratta di un equilibrio difficile da trovare, soprattutto perché la disponibilità di contenuti è abbastanza limitata. Questo non toglie che possano esserci delle occasioni speciali. Abbiamo fatto un'edizione del festival ad Amsterdam, in occasione della partenza del Giro d'Italia, nel 2010. È possibile che si replichi con il Tour de France nei prossimi anni. Ma sarebbe interessante anche uscire dal mondo del ciclismo, mi piacerebbe curare un Bike Film Festival in collaborazione con una fiera d'arte, come Basilea, o magari con la Milano Design Week.

Cosa manca ancora al festival?
Dovrebbe avere più contenuti fatti dalle donne e fatti sulle donne. C'è bisogno di più donne alla regia di film e anche di più donne in bicicletta.

Come sarà il Bike Film Festival tra dieci anni?
Tra dieci anni le biciclette saranno sempre più rilevanti, nell'architettura come nel design. Gli uffici avranno le docce per le persone che vengono a lavorare in bicicletta. I parcheggi per le bici saranno ovunque. Le case di moda prenderanno in considerazione la donna in bicicletta .Il Bike Film Festival sarà una grande media company e il festival avrà molte più edizioni in Africa, Medio Oriente e Asia. Nel 2014, intanto, sbarcheremo in quattro città del Sud America. E finalmente dovremmo arrivare in India.

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