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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2014 alle ore 08:23.

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Lui è Alexei Ratmansky: enfant prodige formatosi alla Bol'šoj di Mosca, di cui si è ritrovato alla guida a soli 40 anni. È a lui che la Scala dedicata una serata intera composta da tre titoli: Russian Seasons, Concerto DSCH e Opera.
Russian Seasons è, secondo il New York Times, «tutto ciò che dovete conoscere a proposito di Alexei Ratmansky in 39 minuti».

Composta nel periodo in cui Alexei Ratmansky aveva abbandonato il teatro moscovita per concedersi una boccata d'aria fresca oltreoceano, è la prima coreografia ideata per il New York City Ballet e che risente prepotentemente del neoclassicismo americano. Il titolo, però, non deve trarre in inganno: mentre soggiornava in America, non guardava all'Europa con sguardo malinconico, bensì con l'occhio razionale di chi sa trovare, ovunque, il lato positivo. Russian Seasons è un mix di tradizione folkloristica e novità avanguardistica, ispirato nel titolo e nella struttura alle Russian Seasons del compositore Desyatnikov e, andando indietro, alle Seasons Russes di Diaghilev. Il risultato è un'esplosione di vita: le sei coppie in scena sono icone di stili differenti, contraddistinte da un costume pantone che proietta forte e chiaro la loro interiorità, amalgamandosi in un'idea di comunità come in una tavolozza di colori. Questo, però, non è che l'inizio.
La seconda opera in programma è Concerto DSCH, presentato su questo stesso palcoscenico nel 2012 in anteprima europea. Creata sul Secondo Concerto dell'amato compositore Šostakovič, D-S-C-H è l'acrononimo di Dmitrij Schostakovitsch (traslitterato in tedesco) e rappresenta anche le note "re, mi bemolle, do, si" nel sistema anglosassone (una sorta di firma-ritornello del compositore).

È su una partitura di Šostakovič che Ratmansky compone la coreografia che gli assegna la poltrona del Bol'šoj ed è proprio grazie a Concerto DSCH che conquista il Nuovo Mondo: sarà per il tripudio di ottimismo di cui è carica o la sferzata di energia che emana, ma anche oggi, sebbene sia una delle coreografie più danzate e più richieste nei teatri di tutto il mondo, è sempre un piacere vederla (e rivederla). Se poi la protagonista del pas de deux è Svetlana Zakharova al fianco di Carlo Di Lanno e se il trio è composto da Stefania Ballone, Antonino Sutera e Federico Fresi, questo giudizio sale a livello esponenziale. Peccato per le imprecisioni del corpo di ballo, non sempre all'altezza di reggere la scena.

Gran finale con prima assoluta sia coreografica che musicale (quest'ultima a firma Leonid Desyatnikov) studiata appositamente per la Scala: Opera. Effetti scenografici a cura della video designer Wendall Harrington, costumi di Colleen Atwood (che ha sul curriculum dieci nomination e tre premi Oscar) e un'atmosfera tardo-barocca. C'è l'eco di Metastasio e di Goldoni e di una serie di personaggi mostrati ma non narrati: non bisogna ricercare una trama perché il coreografo, volutamente, non ne ha prevista una, lasciando aperto il finale in un modernissimo coup de théâtre privo di lieto fine. La star della serata è sempre lui, Roberto Bolle, il più atteso e il più applaudito, che si alterna nelle recite all'étoile Massimo Murru. Uno spettacolo estetico, intellettuale e magnificente, ma purtroppo senz'anima. Era questo, però, l'obiettivo di Ratmansky. I romantici sono avvisati.

Serata Ratmansky
In scena al Teatro alla Scala di Milano fino al 16 gennaio 2014.
Per conoscere il cast competo in ogni data: www.teatroallascala.org

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