Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2014 alle ore 17:09.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2014 alle ore 15:28.

My24

Si svolge a ritmo di valzer. Come se fosse un'operetta. Ed è un trionfo di musiche di Strauss, di costumi coloratissimi e fumettistici, di pettinature vaporose e stravaganti, di trucchi facciali da cinema muto. Tutto di gusto espressionista, e ancor più risaltante dentro il bianco abbacinante della scatola scenica di candidi velari che s'alzano e si abbassano ad aprire e chiudere entrate e uscite dei numerosi personaggi, anzi caricature.

Tali sono quelle che affollano le "Fiabe del bosco viennese", primo tappa del bel trittico dal titolo "Gioventù senza Dio" progettato da Walter Le Moli per il Teatro Due di Parma, dedicato a Ödön von Horváth. Semisconosciuto in Italia, ma un classico in Germania e in Francia, lo scrittore austriaco con la sua critica sociale non meno corrosiva di quella del suo contemporaneo Brecht, ha segnato il teatro del ‘900 prevedendo con lucidità la nascita delle condizioni ideali per lo sviluppo del nazional-socialismo. Lo ha fatto con uno stile popolare e raffinato, vivace e di sottile ironia. Ed è configurata come un divertissement la messinscena di Le Moli, un gioco teatrale dove gli attori assumono i "caratteri" allegorici di una fauna umana apparentemente innocua e stupida. In realtà allarmante, perché portatrice di menzogne e brutalità, di ipocrisie e violenze latenti. Nel demistificare con sarcasmo e cinismo il suo tempo, Horvath radiografa le angosce di un'epoca in piena crisi globale, uno spaesamento e una perdita di centro vicino al nostro tempo.

Senza troppi infingimenti serpeggiano bassezze e crudeltà fisiche e mentali nelle ingarbugliate vicende di relazioni famigliari, amorose e commerciali, dove si ragiona solo per interesse, con protagonista la giovane Marianne. Destinata in sposa al macellaio Oskar, la ragazza manda in fumo l'unione durante i festeggiamenti del fidanzamento perché innamoratasi di un nobile squattrinato che vive alle spalle di una matura tabaccaia. Pur non avendo intenzioni serie la sposa per poi abbandonarla insieme al loro bambino. Le peripezie che ella dovrà affrontare, la vedranno trascinata nella vergogna e nella miseria adattandosi a esibirsi in un locale equivoco, finire in carcere, e infine, ritornare allo sposo promesso. L'apparente lieto fine, ma terribile nella sua allegoria, di ricongiungimento, chiuderà una storia da leggersi come l'annessione nazista della Repubblica austriaca.

Nel carosello di personaggi spicca la disinibita tabaccaia Matilde, lo studente Erich dalle infatuazioni naziste, la perfida nonna che non esiterà a sacrificare il bambino in nome di una crudele morale, in un via vai di sagome tragicomiche dove si balla, ci si ubriaca, si fugge, si ritorna, si parla di religione, di nazione, di razza, s'impreca contro Dio e nello stesso tempo si ribadisce la sua misericordia. Per chiudersi al suono di un valzer con l'omaccione Oskar che, ripresa con sé la sempre amata Marianne, la fa volteggiare strattonandola in un crescendo sempre più veloce. E inquietante. Così, la tragedia dell'impossibilità umana di fuggire alle inevitabili responsabilità sia storiche che quotidiane in una società ipocrita e perbenista, trova in questa immagine una sua forza espressiva. Uno spettacolo corale, orchestrato sapientemente dalla regia di Le Moli con un cast di diciassette attori ben affiatati. Condizione indispensabile per una messinscena di tale respiro.

"Gioventù senza Dio" trittico di Ödön von Horváth, regia Walter Le Moli, collaborazione alla drammaturgia Julie Bernard, scene Laboratorio Progettazione Scenica Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche del Teatro, Università IUAV di Venezia, costumi Gianluca Falaschi, luci Claudio Coloretti. Produzione Fondazione Teatro Due. Al Teatro Due, fino al 2/3.
www.teatrodue.org

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi