Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2014 alle ore 15:14.
L'ultima modifica è del 23 gennaio 2014 alle ore 15:16.

My24

È una piacevole sorpresa ritrovare Raffaele Esposito a teatro, tornato dopo qualche anno di assenza. Ed è per un'ulteriore grande prova d'attore. Impegnativa. Complessa. Emozionante. Per un testo dentro il quale egli si addentra con passione recitativa e fisica, incarnando un personaggio che sembra scritto per lui (o è lui che lo rende vero?). È il giovane professore di Gioventù senza Dio, il protagonista del romanzo di Ödön von Horváth, impegnato in un dialogo solitario e tragico con il proprio destino. Scritto nel 1937, coi toni del noir, rappresenta la sventura di un'intera generazione la cui giovinezza è stata cancellata dal totalitarismo nazista.

Sono i rappresentanti di una classe di studenti ancora adolescenti, omologati alla disumana logica di regime, che trovano appagamento solo in corsi d'istruzione paramilitare, con i quali si confronta il professore che vede nei suoi alunni solo gelidi ingranaggi del sistema. In disaccordo con le circolari ministeriali, e contro i suoi stessi allievi che arrivano a firmare una lettera richiedendo la sua rimozione, egli è pronto a lottare per la verità, quella per cui anche il dire che i "negri" sono esseri umani come gli altri è motivo di oltraggio. In questa battaglia impari è tentato pure dal facile compromesso. Un compromesso già scelto dal più anziano superiore, un cinico preside di liceo, la cui sola aspirazione è una serena vecchiaia.

Il dramma si consuma quando il professore scopre una tresca amorosa fra un allievo e una giovane emarginata, che vive di espedienti e piccoli furti. Gli eventi precipitano quando il ritrovamento di uno degli studenti non rientrato da un'esercitazione, fa scattare accuse che non risparmiano nessuno. L'imprevedibile epilogo, che non si può anticipare, è degno del grande teatro espressionista. Nella messinscena di Walter Le Moli – secondo spettacolo del trittico dedicato all'autore austriaco -, in bianco e nero per via dei costumi dei due interpreti, ci troviamo in piccoli gruppi seduti in diagonale in quattro angoli della sala minima del Teatro Due: una disposizione che sfrutta la lunghezza dello spazio e conferisce un andamento cinematografico alla visione nello spostamento degli interpreti.

Essi si muovono nella penombra, alternata a luci forti, tra alcune panche, dei tavoli e tre lavagne, evocando diversi luoghi e incarnando, Emanuele Vezzoli più personaggi (il nichilista, il preside, il prete del paese, il Pubblico Ministero …), ed Esposito, oltre che l'insegnante, anche voce narrante del testo. Egli fa vibrare le parole – intenso il suo rapporto con la madre – dando corpo ai vari sentimenti di paura, di rimorso, di rabbia, di disperazione impotente (specie quela contro il montare della propaganda, infarcita di banalità che assurgono a verità assolute) che man mano esplode e si libera nel sollievo finale, che non ha nulla però del trionfo del bene sul male. E quella bandiera con la svastica appesa a metà spettacolo sulla lavagna, tolta con forza da Esposito al momento degli applausi finali, dice ancora l'imprevedibile pericolo.

«Gioventù senza Dio»
liberamente tratto dal romanzo di Ödön von Horváth
con Raffaele Esposito e Emanuele Vezzoli
spazio scenico Gabriele Mayer
luci Claudio Coloretti
regia Walter Le Moli
Produzione Fondazione Teatro Due
A Parma, Teatro Due, fino al 28 febbraio.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi