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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2014 alle ore 13:09.
L'ultima modifica è del 25 gennaio 2014 alle ore 17:04.

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Partito da Milano, il fenomeno ha preso ormai piede in tutta Italia: gruppi di appassionati della danza di coppia si autoconvocano sui social network per «occupare» simbolicamente piazze e luoghi del potere. Riappropriandosi delle città attraverso il ballo.

Dimenticatevi il cantautorato folk, il punk, le variabili più o meno hard del rock e persino la cultura da strada dell'hip-hop. L'ultima frontiera della protesta musicale non prevede rime baciate, distorsori, ritmi sincopati e sound system. Nell'ultimo antagonismo delle sette note a quanto pare conta certo quello che si fa, ma soprattutto «dove» lo si fa: una piazza del centro storico di solito preclusa alle pubbliche manifestazioni e salvaguardata come fosse salotto, il parcheggio di un centro commerciale o i portici di un palazzo istituzionale.

Ci si dà appuntamento attraverso i social network; si arriva sul posto di notte, magari con qualche candela per creare l'atmosfera giusta; si scomodano amici che sappiano dire la loro con un organetto o un violino in mano e ci si va giù duro. O meglio: ci si va giù «liscio». Perché la tendenza musicale di cui si parla è la mazurka klandestina (con la «k» o con la «c», decidete voi), praticata sullo Stivale a tutte le latitudini da ormai buoni cinque anni. Una tendenza «urbana» - almeno quanto lo fu la rivolta della break dance esplosa nella Harlem di inizio anni Ottanta – che attinge a un patrimonio antico: la mazurka è una danza di coppia di probabili origini polacche che esplose nell'Ottocento in tutta Europa, grazie all'«amplificatore» offertole in Francia dalle riscritture dai vari Chopin, Debussy e Ravel.

Qualcuno per la caratteristica sensualità l'ha etichettata come il tango del Vecchio Continente. Qui da noi, per tutto il corso del Novecento, è stato ballo popolare frequentatissimo nelle balere e nei capannoni allestiti per le feste comandate. Roba rustica che nessuno si sarebbe mai sognato di accomunare a fenomeni di cosiddetta controcultura. Ma il bello della controcultura è che ti stupisce sempre e così la mazurka clandestina diventa strumento non autorizzato di riappropriazione delle città. E meglio ancora quando «aggredisce» i luoghi che simboleggiano il potere, come piazza Affari, piazza del Popolo, piazza Plebiscito.

Il fenomeno è nato a Milano ma ha preso presto piede a Torino, Roma, Napoli, Firenze e in numerose altre città dello Stivale. Come ogni culto che si rispetti, alla base c'è un mito di fondazione: pare che qualche anno fa nel capoluogo lombardo, al termine di un concerto di un gruppo specializzato in musiche tradizionali da ballo, nessuno volesse saperne di tornarsene a casa. E così all'uscita qualcuno accese l'autoradio, ci infilò dentro un cd a tema e aprì le portiere della propria auto trasformando il parcheggio in una balera improvvisata. Esperimento così riuscito da venire replicato con frequenza, sempre all'insegna dello stesso spontaneismo di gruppi che si autoconvocano su Facebook (la pagina Mazurka Klandestina conta più di seimila iscritti e suggerisce gli appuntamenti più importanti in giro per l'Italia), individuano un luogo e ci si «esibiscono».

Il fine settimana scorso, per esempio, al Bosco in città (via Novara, alla periferia ovest del capoluogo lombardo) c'è stata la quinta edizione della «Mazurka Fokosa» in onore di Sant'Antonio Abate, sabato 1 febbraio a Napoli ci sarà la «Mazurka dei Kustodi» e a Brescia la «Kremezzurka della Merla», il 15 a Pisa la «Mazurka Klandestina dei Kavalieri». Il fenomeno ha analogie anche all'estero, sempre all'insegna delle danze popolari di coppia. A Parigi, per esempio, non c'è estate che non si balli il tango «sui quais», ossia «a bordo fiume». Maurice Béjart, grande ballerino e coreografo, diceva che la danza è «un minimo di spiegazione, un minimo di aneddoti e un massimo di sensazioni». A qualunque livello la si pratichi, dev'essere una passione troppo grande per restarsene rinchiusa.

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