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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2014 alle ore 10:52.

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È un'altra storia della fotografia quella raccontata da «A World of Its Own: Photographic Practices in the Studio», la mostra che apre i battenti l'8 febbraio al MoMa di New York, riunendo 180 lavori realizzati da 90 artisti. "Altra" rispetto alla più nota e, almeno all'apparenza, affascinante storia della fotografia di strada, consacrata da maestri del calibro di Henry Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Garry Winogrand, o Robert Frank. Eppure risultati straordinari sono stati raggiunti anche da quegli artisti che, per periodi più o meno lunghi, hanno scelto di ritirarsi nell'intimità del loro studio, inteso come mondo a sé in cui sperimentare, comporre, creare.

Ecco che mettendo insieme circa 200 tra fotografie, video, estratti di film, e altri lavori in parte frutto di recenti acquisizioni, in parte tratti dalla collezione museale, il MoMa esamina proprio il ruolo che lo spazio chiuso ha avuto nella produzione di artisti e fotografi di tutti i tempi, da Berenice Abbott e Man Ray, fino ai contemporanei Bruce Nauman e Cindy Sherman.

Lo studio assume, a seconda del periodo storico, delle motivazioni personali, della sensibilità artistica, la funzione ora di palcoscenico in cui collocare i soggetti, ora di laboratorio dove condurre esperimenti, ora, perché no, di campo da gioco in cui dar libero sfogo alla creatività. Così ad esempio, l'inglese Julia Margaret Cameron (1815 – 1879) si cimenta in composizioni teatrali che bene riflettono l'atmosfera sognante dell'epoca vittoriana; mentre a tutt'altro esito conducono gli sfondi bianchi, le ambientazioni neutrali e asettiche a cui si affidano gli americani Richard Avedon (1923 – 2004) e Robert Mapplethorpe ( 1946 – 1989). E ancora: se il tedesco Thomas Demand (1964) arriva a costruire vere e proprie architetture, l'indimenticato Eadweard Muybridge (1830 - 1904) realizza tra le quattro pareti del suo studio i celebri esperimenti sul movimento degli animali. Non mancano, infine, esempi di usi più disimpegnati e giocosi dello spazio, come negli scatti degli svizzeri Roman Signer (1938) e della coppia Peter Fischli/David Weiss. Organizzata per sezioni tematiche e voluta da Quentin Bajac, direttore del dipartimento di fotografia del MoMA, la mostra è visitabile fino al 5 ottobre 2014.

«A World of Its Own: Photographic Practices in the Studio»
8 febbraio – 5 ottobre 2014
MoMa, New York

www.moma.org

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