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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2014 alle ore 09:32.
L'ultima modifica è del 10 febbraio 2014 alle ore 09:35.

Allora come selezionare senatori che abbiano una legittimazione democratica in un ipotetico «Senato della cultura»? Come affrontare la necessaria riforma del bicameralismo "perfetto" assegnando alla seconda camera il compito di «garante dello sviluppo della cultura e della scienza» così come proposto dal ministro Carrozza domenica scorsa su questo supplemento?
La sfida è interessante. Partiamo dalla legittimazione. Già oggi la nostra Costituzione ammette all'articolo 59 un principio di legittimazione alla carica diverso da quello elettorale; laddove affida al presidente della Repubblica il potere di nominare «senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario». La ratio della disposizione è nota, la Costituzione "apre" le porte del Senato a cittadini che non siano strettamente legati al sistema politico ma possano portare in assemblea tutta la forza che deriva dalle esperienze culturali di cui sono portatori. Persone che possano operare, di volta in volta, scelte non di parte ma ispirate da motivazioni fondate sulla cultura e sulla scienza che ne ha legittimato la nomina.
Non è un caso che questa figura è presente solamente in Senato che, secondo un'impostazione comune in altri paesi europei è, anche, Chambre de réflexion. Ora questa legittimazione non è elettorale ma deriva da una scelta presidenziale che, tuttavia, non può prescindere dalle qualità e dagli «altissimi meriti» che i nominati hanno dimostrato nello «illustrare la Patria». La legittimazione di questi cittadini non è, evidentemente, l'aver partecipato con successo alla battaglia elettorale ma aver onorato il proprio Paese, aver rappresentato al meglio la propria cultura. In questo senso l'ingresso d'interessi qualificati sotto il profilo culturale potrebbe contribuire ad affinare il metodo di discussione pubblica su temi che necessitano un approccio scientifico. Basti solamente pensare al crescente rapporto tra regole giuridiche e fenomeni scientifici; alla legislazione in materia di libertà della scienza, alla legislazione in materia ambientale, ai temi della bioetica.
Un Senato dunque che insieme alla necessità di specializzare il suo ruolo possa anche affrontare i temi in discussione con un approccio di tipo scientifico.
Partendo da questa consapevolezza si potrebbe ipotizzare che il presidente della Repubblica sia chiamato a scegliere un numero più alto degli attuali cinque senatori, un numero che sia commisurato al ruolo che il Parlamento vorrà attribuirgli. Se l'attuale Senato diventerà una "Camera delle regioni" esso potrà mantenere anche un ruolo di Camera di raffreddamento cui affidare, ad esempio, la revisione di tutte le grandi leggi in tema di diritti fondamentali. Un'analisi della dignità umana operata con il metodo della cultura e della scienza potrà aiutare a prendere decisioni: non una concezione elitaria della democrazia ma una élite a supporto della democrazia.
*Diritto costituzionale, Università di Cagliari
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