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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2014 alle ore 17:32.

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Un pizzico d'Italia al Festival di Berlino 2014: in attesa di «In grazia di Dio» di Edoardo Winspeare, il nostro cinema è arrivato (finalmente) sotto l'occhio dei riflettori grazie a Gianni Amelio e al suo documentario «Felice chi è diverso».
Presentato all'interno della sezione Panorama, il film è un mosaico di testimonianze, di persone celebri e comuni, su come sia stata vissuta l'omosessualità nel corso del ‘900.

Prendendo in prestito un verso del poeta Sandro Penna (da cui la scelta del titolo della pellicola), Amelio concentra l'attenzione sull'Italia, dai primi anni del secolo scorso in avanti, concludendo malinconicamente sulla situazione odierna. Il suo è anche un viaggio nella storia del cinema e su come l'omosessualità sia stata vista e trattata sul grande schermo.

A ricorrere è spesso il nome di Pier Paolo Pasolini, citato dall'attore-feticcio Ninetto Davoli che ricorda il suo primo incontro con il regista bolognese.
La struttura del documentario è piuttosto schematica e tradizionale, ma Amelio riesce ugualmente a renderla personale ed emozionante: un piccolo riscatto dopo le critiche ricevute alla scorsa Mostra di Venezia per il deludente «L'intrepido».
Toni decisamente diversi sono quelli di «Stratos» del greco Yannis Economides.
Protagonista è un personaggio dal doppio volto: di notte impiegato in un grande panificio, di giorno killer a pagamento. Stratos cerca così di guadagnare abbastanza soldi per liberare dalla prigione Leonidas, l'uomo che gli aveva salvato la vita quando era lui a trovarsi dietro le sbarre.

Presentato in concorso, il film è una sorta di polar (termine francese che indica un'unione tra il poliziesco e il noir) ambientato nella Grecia odierna, segnata dalla crisi economica e dalla povertà.
Scontato e prolisso nel suo andamento narrativo, «Stratos» sa troppo di già visto e non riesce mai ad avere quel cambio di ritmo che avrebbe certamente giovato a un prodotto di questo tipo. Prova incolore dell'attore Vangelis Mourikis (Stratos), inconsistente come il resto della pellicola.

Più dinamico e interessante è invece «Inbetween Worlds» della regista austriaca Feo Aladag. Inserito nella competizione principale, racconta la storia di Jesper, soldato tedesco in missione in Afghanistan: lo stesso paese dove suo fratello è stato ucciso poco tempo prima. Insieme alla sua pattuglia, Jesper dovrà proteggere un piccolo villaggio da un attacco dei Talebani.

Film sull'incontro-scontro tra due diverse culture, «Inbetween Worlds» concentra le sue attenzioni sul rapporto tra il soldato tedesco e un giovane interprete afgano, di nome Tarik.
Contenuti importanti e degni di nota per un film che, però, abbandona presto ogni tipo di attenzione formale: la messinscena di Feo Aladag, alla sua seconda opera, risulta eccessivamente scolastica e priva di sequenze che rimarranno impresse al termine della visione. Buona prova di Ronald Zehrfeld (Jesper), visto lo scorso anno nelle nostre sale ne «La scelta di Barbara» di Christian Petzold.

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