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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2014 alle ore 14:47.
L'ultima modifica è del 14 febbraio 2014 alle ore 17:13.

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Le sorelle Macaluso (Afp)Le sorelle Macaluso (Afp)

Chi conosce il teatro di Emma Dante, nel nuovo spettacolo «Le sorelle Macaluso» ritroverà, emozionandosi, certe atmosfere, certe posture e movimenti, certe figure, e certi elementi, che rimandano ad alcune di quelle opere che l'hanno imposta sulla scena italiana e internazionale, e che sono rimaste impresse nella nostra memoria.

Penso alla madre di Vita mia e a Chicco, il figlio morto – anche qui c'è un figlio con la passione del calcio e l'incontenibile gesto motorio dell'allenamento –. Penso alla bocca spalancata e bloccata di Sabino nel finale di M'Palermu, come quella della defunta circondata dalle altre sorelle; alla fila frontale dei componenti della famiglia Carollo – sempre di M'Palermu –, al buio dal quale emergono, e al loro desiderio del mare – anche le Macaluso non l'hanno mai visto, e il giorno che andranno alla sua scoperta si consumerà qualcosa di tragico –. Penso, ancora, alla schiera compatta che marcia avanti e indietro, con espulsioni di uno dei componenti, di Cani di bancata; alla fata ballerina de Le pulle e al volteggio con le bambole gonfiabili; alla croce ostentata come vessillo in La scimia; al funerale di Carnezzeria. Ritroviamo tutto questo – insieme al dialetto stretto palermitano con l'aggiunta di quello pugliese – come una mappatura dell'anima, dentro la partitura corporale e scenica de «Le sorelle Macaluso», spettacolo che, per la regista e autrice palermitana, segna in maniera evidente un ritorno alle radici del suo linguaggio più dirompente e squassante; dove il tema della vita e della morte risulta ancora un binomio indivisibile, potente, continuamente da esplorare, sempre all'interno di un nucleo famigliare.

Scavando in esso, tra ironia e leggerezza, emergono verità taciute, storie rimosse, e sentimenti d'indicibile strazio. Il funerale che si celebra, dove è impossibile distinguere i vivi e gli estinti - salvo scoprire più avanti che si officia quello della sorella più grande, ignara di essere morta -, presto si tramuterà in una scomposta e allegra riunione familiare con affioranti pettegolezzi e feroci resoconti. Le sette sorelle del titolo passano dal nero iniziale del lutto, al chiassoso abitino a fiori, al colorato costume da mare nella scena cruciale che fa rivivere un tragico incidente avvenuto anni prima, per poi ritornare al nero nel fantasmatico svanire finale dei vivi e dei defunti.

La scena si apre con una danza solitaria e lieve, e si chiude con un'altra che reca la fatica del vissuto, carico di sogni inesauditi. La prima fa comparire da un "altrove" le sorelle; la seconda le risucchia lentamente nella stessa oscurità. Nel tempo di mezzo si dipanano, tra sghignazzi, urla, giochi, accuse, insulti, sogni, rimorsi, scuse, abbracci, pianti, i ricordi di quel microcosmo umanissimo affollato di donne senza un padre né una madre, che all'improvviso compariranno, prima l'uomo poi la donna, evocati da un aldilà pacificante, per ritrovarsi e stringersi in un estenuante e sensuale abbraccio rotatorio che sembra non aver fine. A suggellare un amore eterno, più forte di ogni separazione.

Il duello tra morte e vita – annunciato nel preambolo con i personaggi a combattere brevemente con tanto di spade ed elmi come marionette dell'Opera dei Pupi –, si consuma nello struggente balletto finale: un assolo affannoso della sorella morta che, denudandosi per rivestirsi del bianco tutù da ballerina, può finalmente realizzare quel sogno solo accarezzato. A ricordarci il confine tra la morte e la vita sono quei cinque scudi luccicanti deposti, fin dall'inizio, come lapidi sul bordo del proscenio con sopra appoggiate delle croci. Di qua gli spettatori, sul palcoscenico gli attori. Ma l'abbraccio che ci arriva annulla la demarcazione e ci avvolge tutti, come in una rinascita che non può non essere già ora.

«Le sorelle Macaluso», testo e regia Emma Dante, con Serena Barone, Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Italia Carroccio, Davide Celona, Marcella Colaianni, Alessandra Fazzino, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi, Stephanie Taillandier, luci Cristian Zucaro. Produzione Teatro Stabile di Napoli, Théâtre National (Bruxelles), Festival d'Avignon, Folkteatern (Göteborg), in collaborazione con Atto Unico/compagnia Sud Costa Occidentale. Al Mercadante di Napoli, al Palladium di Roma. In tournée a: Reggio Emilia l'11 e 12; Fano, Teatro della Fortuna, il 13; Palermo, Teatro Biondo, dal 25/2 al 3/3; Torino, Fonderie Teatrali Limone Moncalieri, dal 29/4 al 4/5; Milano, Piccolo Teatro Grassi dal 6 al 18/5. L'11 e il 12/6 a Sibiu, Romania, per l'International theatre festival.

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