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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2014 alle ore 09:09.

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Anche ora ci sono in Europa movimenti populistici che premono perl'abbandono del percorso comunitarioAnche ora ci sono in Europa movimenti populistici che premono perl'abbandono del percorso comunitario

Siamo arrivati a un importante bivio politico. Dobbiamo decidere se vogliamo continuare a procedere lungo la strada del l'integrazione europea, se vogliamo prendere un'altra direzione o se addirittura vogliamo tornare indietro. Nessuna di queste scelte è il risultato obbligato della nostra storia o dell'attuale situazione europea. Chi dichiara che l'Unione europea è priva di alternative, pur se ben intenzionato, si sbaglia enormemente. Siamo condannati alla libertà, come ha detto una volta Immanuel Kant, perché anche il non agire è in fondo una scelta con precise conseguenze.

Qualsiasi sia la decisione che prenderemo sul futuro dell'Europa, questa avrà immancabilmente degli effetti sulle nostre vite e su quelle dei nostri figli e nipoti.
Potremmo decidere di abbandonare l'Unione Europea e imboccare la strada della rinazionalizzazione. È una possibilità spesso discussa sullo sfondo della crisi. Sia a destra che a sinistra la sostengono numerosi politici, con varie argomentazioni. (...) A chi vorrebbe tornare allo Stato nazionale dobbiamo dire questo: il diritto europeo – il trattato di Lisbona – prevede che un Paese membro lasci l'Unione. È possibile rinunciare alla propria appartenenza all'Ue per tentare la fortuna da soli. Ma sarebbe il caso di pensarci bene, perché uscire dall'Ue non significa poter comodamente tornare sotto la coperta dello Stato nazionale e sfuggire ai rischi della globalizzazione. Nessuno Stato si può sottrarre alla storia mondiale. A prima vista, dato che i due Stati europei più benestanti, Svizzera e Norvegia, sono esterni all'Ue, potrebbe sembrare che abbiano fatto bene a tenersi alla larga dall'Unione.

Ma, a guardare meglio, la loro distanza non è poi così grande come pensano numerosi euroscettici. Ad esempio la Norvegia è parte del mercato interno Ue, dello spazio economico europeo e partecipa al sistema di Schengen. Anche la Svizzera è associata al l'Ue e accoglie molti regolamenti europei – ma non ha voce in capitolo quando vengono elaborati, non gode quindi dei vantaggi degli Stati membri. E, nonostante sia considerata da molti un'isola di benessere, anche la repubblica alpina è stata toccata dalla crisi europea. La sua moneta, il franco svizzero, nel frattempo è stata addirittura associata all'euro per fare in modo che non si rivaluti eccessivamente rispetto alla valuta europea.
Quindi la Svizzera dipende dall'euro pur non essendo uno Stato membro. Chi ricorda il piglio dispotico con cui Gheddafi ha trattato la Svizzera quando questa aveva minacciato di citare in giudizio uno dei suoi figli, si rallegra pensando che in un simile caso l'Ue prenderebbe le difese di un suo Stato membro.

Anche i costanti "no" pronunciati dalla Gran Bretagna che, pur essendo membro, si tiene fuori da molti programmi d'integrazione dell'Ue e che a Bruxelles è sempre pronta a tirare il freno, non le sono serviti a sfuggire alla crisi. Pur non essendo entrata nello spazio di Schengen, non avendo introdotto l'euro né approvato il Fiscal compact, versa in difficoltà economiche più gravi di quelle della maggior parte degli Stati Ue. Dal 2008 è tartassata dalla recessione, dall'eccessivo indebitamento e da alti tassi di disoccupazione.
Se l'Ue fallisse: l'euro si dissolverebbe, rendendo il nostro continente sempre più dipendente dal dollaro americano e dal renminbi cinese e portando quindi la nostra economia sull'orlo del baratro. All'interno dell'Europa tornerebbero i fastidiosi controlli di dogana e di frontiera, ovvero burocrazia e lungaggini ai confini che si tradurrebbero in meno scambi e meno crescita. Si abbasserebbero gli standard di difesa dell'ambiente, dei dati personali e dei consumatori, l'Europa diventerebbe marginale nel commercio e nella politica internazionale e nel nostro continente si diffonderebbe di nuovo il cupo nazionalismo che già una volta ha portato il mondo alla catastrofe. L'Europa si congederebbe dal consesso delle potenze mondiali e in pochi decenni perderebbe il suo benessere e la sua sicurezza.

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