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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2014 alle ore 20:14.
L'ultima modifica è del 02 marzo 2014 alle ore 20:18.

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Per la serie "Arte italiana del XXI sec." oggi vi proponiamo Linda Brindisi. Si tratta di una street-artist assolutamente da scoprire. Se non altro perché si dichiara - orgogliosamente - «abusiva». Che di questi tempi è proprio quello che ci vuole.

Ma chi è, davvero, Linda Brindisi?
«Mi definiscono in tanti modi, da anni, ma io sono solo Linda, ho 33 anni e vivo a Milano. Sono attiva nell'ambito dell'Arte Contemporanea. Le definizioni non mi sono mai piaciute, quindi procedo solo a passi decisi di colore con i miei barattoli di vernici nello zaino. Ho iniziato a fare mostre personali a 17 anni ma mi annoiavo. Ricercavo un modo per passare la pittura agli altri come io l'avevo ricevuta da piccola. Mi sono sempre interessati gli spazi, i formati estesi e la pittura a terra. Così, partecipando a diversi festival del genere ho iniziato a far dipingere formati molto estesi in lunghe strisce, raggiungendo in 4 giorni a Perugia, nel 2007, 400 metri su Corso Vannucci».

Linda Brindisi sta a rota (direbbero a Roma) con la Rota. Queste sue costruzioni circolari, sulle quali i passanti imprimono la propria arte in location ogni volta differenti, hanno il sapore di una marmellata naïve eterna - come fossero ancestrali segni rupestri. E tali pennellate diffuse spiazzano, ogni volta, per il trionfo della narrazione che, con vivida delizia, son capaci di dispensare.

Com'è nata questa idea?
«Dopo l'esperienza di Perugia ho avuto l'idea di proseguire perché era quello che rientrava maggiormente nelle mie corde. Ho lavorato per 4 anni sui materiali, sullo spazio e sulla forma. Il cerchio era la forma che più mi interessava e ho iniziato a costruire questi enormi cerchi. Ho iniziato a farli ovunque in giro, in città diverse e quasi tutti abusivi. Poi nel 2007 ho deciso di installarne una enorme da 5 metri di diametro in Biennale, a Venezia, ovviamente abusiva».

Linda Brindisi irrompe dunque alla Biennale. Un gesto forte. Ha scavalcato i giardini e anche se non l'hanno arrestata ha tribolato non poco e alla fine ha ottenuto i permessi per dipingere accanto ai padiglioni più importanti.

Cosa ha voluto dimostrare?
«La mia critica era che le buone idee rotolano fuori da Biennali e Quadriennali o Musei e spesso per varie motivazioni non vengono notate o ascoltate. In quella Rota particolare ho avuto la fortuna di far dipingere anche Lorenzo Cherubini, Saturnino e Sergio Pappalettera. L'ironia della sorte è che ancora oggi nel 2014 quella Rota è la più richiesta ed è stata nuovamente esposta a Milano allo Spazio Oberdan nel 2010 in una mostra gratuita di un mese».

Linda Brindisi nipote del Maestro Remo Brindisi.

Quanto la esalta e quanto la ingombra tale status? Eppoi, con la rottamazione del lettismo ha ancora senso il nepotismo ostentato?
«Non mi esalta, per me è sempre stata una cosa normale. Portarne il cognome invece non è mai stato facile e ancora oggi spesso è un macigno. Ho imparato a conviverci». Per quanto riguarda il nepotismo, nel mio caso non ha mai avuto senso: zio è morto nel luglio del '96, avevo 15 anni e la mia gavetta è iniziata a 18 anni. E' stata dura, ed è dannatamente dura ancora oggi!».

Linda trascorse col Maestro le lunghe estati nella sua Casa-Museo a Lido di Spina nel ferrarese. Crebbe in mezzo alla pittura. Il DNA brindisiano le scorre sottopelle.

Quanto - e in che modo - siffatta suggestione ha influenzato la sua opera? Si è mai chiesta, inoltre, cosa penserebbe l'illustre antenato circa il suo lavoro "randagio"?
«Zio era un uomo molto curioso e interessato a tutto quello che di nuovo circolava, ai giovani e sono quasi certa si sarebbe seduto ad osservare in silenzio col suo sguardo divertito. Quanto mi ha influenzata? Ovviamente molto. Tutto quello che sono e che ho fatto lo devo a lui. L'amore e la passione per la pittura, la cultura della pittura italiana. L'osservazione e l'ascolto che mi ha insegnato, l'uso dei materiali e il coraggio».

Ogni volta che Linda finisce una Rota si ripete sempre di essere solo all'inizio. Ne ha fatte dipingere 40 in 13 anni. Ne ha molte altre in testa da realizzare e molti luoghi in cui ancora andare.

Dove vuole arrivare?
«Adesso mi interessa molto il viaggiare e il portarle all'estero, finora ne ho realizzate due fuori: una in Australia nel 2010 e una in Francia nel 2012. Ora punto all'America e mi interessa anche in nord Europa. Mi interessa il sociale e spesso me ne richiedono, cerco di portarle dove serva ancora una goccia di colore. Mi spinge l'idea di non volermi fermare».

Linda passa sempre per un'artista che parla chiaro e in questo ambiente non è scontato, spesso ha dato fastidio e già il fatto che lei sia una donna, dà fastidio. Vediamo come.

Ci racconta degli "Assalti di Colore" all'Aquila?
«Ho realizzato Rote di forte critica, nel 2012 in Abruzzo, in seguito al terremoto. Mio padre è dell'Aquila, dopo il sisma ho chiesto permessi per anni e mi sono sempre stati negati. Così sono scesa, e abusiva ne ho realizzate diverse, ho raccolto soldi e con quei soldi ho comprato giocattoli e libri. Questi doni, assieme a una Rota da 4 metri di diametro, sono andata personalmente a consegnarli ad Onna, alla Scuola Primaria. Su quella Rota, al centro, ho dipinto un mattone con la scritta: "Un mattone per una casa". Tutta quest'azione di colore è stata documentata e una lettera è stata inviata al sindaco dell'Aquila. Non ho mai ricevuto risposta».

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