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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2014 alle ore 06:29.
L'ultima modifica è del 03 marzo 2014 alle ore 07:45.

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Il cineasta della memoria e della coscienza, così è stato spesso definito Alain Resnais, uno dei più grandi maestri della storia del cinema, morto a Parigi all'età di 91 anni.
Autore colto e raffinato, di straordinaria eleganza formale, Resnais nasce in Bretagna, a Vannes, il 3 giugno del 1922, figlio di una farmacista di famiglia agiata: i suoi interessi adolescenziali spaziano da Proust ai fumetti, quest'ultima una delle sue più grandi passioni anche da adulto.

A tredici anni gli viene regalata la prima cinepresa 8mm, a ventuno si iscrive a una famosa scuola parigina di cinema, dove studia fotografia e montaggio.
Dopo alcuni lavori minori, il suo vero esordio professionale avviene nel 1948 con «Van Gogh», con cui vinse un Oscar nella categoria dei cortometraggi: questo fu il primo di una serie di documentari sul mondo della pittura a cui seguirono, tra gli altri, «Guernica» e «Gauguin».
Il suo documentario più importante resta però «Notte e nebbia» (1955): un prodotto agghiacciante che mostra la realtà dei campi di concentramento nazisti.
Il primo lungometraggio di finzione è l'indimenticabile «Hiroshima mon amour» del 1959, il manifesto del movimento della rive gauche, composto da un gruppo di registi intellettuali e mediamente più anziani rispetto a quelli della nouvelle vague (da François Truffaut a Jean-Luc Godard, tutti considerarono Resnais uno dei loro maestri) che, parallelamente, stava nascendo proprio in quegli anni.
«Hiroshima mon amour» fu un vero shock per l'epoca: protagonista è un'attrice francese che giunge a Hiroshima per girare un nuovo film; qui rimarrà fortemente attratta da un uomo giapponese. Nella sua mente riaffiorano però i ricordi del soldato tedesco amato durante l'occupazione: il suo tragico passato, legato alla seconda guerra mondiale, verrà associato alle terribili conseguenze della distruzione atomica di Hiroshima nel 1945.
Il film, vincitore del premio della Critica Internazionale a Cannes, diede a Resnais fama internazionale e col suo film successivo, «L'anno scorso a Marienbad», proseguì a mescolare sogni, ricordi e realtà nelle vicende di alcuni personaggi che si incontrano in un lussuoso albergo.
Scritto da Alain Robbe-Grillet, «L'anno scorso a Marienbad» vinse il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia e ancora oggi viene considerato uno dei più grandi capolavori della storia della settima arte.
Negli anni successivi, il regista continuò a mettere in scena il tema della memoria, a partire da «Muriel, il tempo del ritorno» (1963), e dell'immaginazione interiore, come in «Providence» (1977) con John Gielgud.
Gli anni '80 sono ancora un decennio estremamente florido per Resnais, che realizza altri cinque film importanti, a partire da «Mon oncle d'Amerique» (1980) e «Mélo» (1986).
Nel 1993 vince un meritatissimo Orso d'Argento al Festival di Berlino per lo sperimentale «Smoking/No Smoking», un doppio film in cui si raccontano una serie di realtà alternative, tratto dall'opera teatrale di Alan Ayckbourn.
Da una pièce dello stesso autore, anche lo splendido «Cuori» (2006), un dramma con tanti personaggi le cui esistenze sembrano solo sfiorarsi senza mai riuscire a incontrarsi veramente, premiato con il Leone d'Argento alla Mostra di Venezia.
Negli ultimi anni, nonostante l'età, ha continuato a creare e innovare il linguaggio cinematografico: lo dimostrano con grande forza «Gli amori folli» (2009), «Vous n'avez encore rien vu» (2012) e, perfino, il recentissimo «Aimer, boire et chanter» (2014), vincitore dell'Alfred Bauer Prize all'ultimo Festival di Berlino.
Non è mai stato un gran chiacchierone Alain Resnais: non commentava la sua vita privata (la sua seconda moglie Sabine Azéma è stata costantemente protagonista dei suoi film, dagli anni '80 a oggi) e non sbandierava le sue idee politiche di sinistra. Più che le labbra faceva parlare la sua macchina da presa, con la quale, fino all'ultimo, non ha mai smesso di giocare e di sperimentare.

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