Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2014 alle ore 18:25.
L'ultima modifica è del 11 marzo 2014 alle ore 18:29.

My24

Partita dall'espressionismo, dopo aver assorbito molto delle avanguardie di fine ‘900 e abbracciato i postmoderni americani e gli astrattisti plasmati da Merce Cunningham, Sasha Waltz sembra ritornare oggi a quella scuola tedesca degli inizi pur mantenendo un interesse sempre più al lavoro basato sulla danza, sullo spazio, sul fisico.

Fino a quello sull'architettura. Sono nati così i "Dialoge", improvvisazioni architettoniche concepite per inaugurare con installazioni o concezioni di danza grandi spazi espositivi ancora vuoti. E hanno fatto notizia le sue performance site-specific al Maxxi di Roma nel 2010, dopo quelli nel Museo dell'Olocausto di Daniel Libeskind e nel Neues Museum di David Chipperfield sempre a Berlino. Qui nacque "Métamorphoses" lavoro ora ripreso e rielaborato per il palcoscenico con la presenza della Mahler Chamber Orchestra, l'Ensemble fondato nel 1997 da Claudio Abbado emanazione della più nota Jugendorchester.

La recente scomparsa del grande direttore d'orchestra ferrarese ha contribuito a rendere ancora più importante l'evento della Sasha Walts & Guest ospitata al Comunale di Ferrara, teatro che ha concorso particolarmente a far conoscere la coreografa tedesca in Italia ospitandola negli anni e oggi chiamata per l'ottava volta. Diciamo subito che lo spettacolo "Métamorphoses", che pone su un piano dialettico i due linguaggi, musica e danza, non è dei più fruibili per lo spettatore: sia per le composizioni musicali piuttosto ardue da ascoltare – se non per una ristretta cerchia d'intenditori –; sia per la qualità coreografica che ci è sembrata compositivamente debole, tale da apparirci algida e priva di vere emozioni. Lo spettacolo è diviso in sei "miniature", sei brevi coreografie composte da tre duetti e tre pezzi di gruppo, su altrettanti brani di compositori contemporanei quali Ruth Wiesenfeld, Robyn Schulkowsky, Georg Friedrich Haas, György Ligeti, e Iannis Xenakis – di quest'ultimo una potente composizione per percussioni e una per archi –. Concepito nel rapporto con l'elemento spaziale, il movimento risente dell'assenza materica. La gestualità dei danzatori, ingabbiata dentro una struttura razionale, sembra girare a vuoto e non riempire, non trovando appigli concreti sui quali sorreggersi.

Pur se create autonomamente le sei miniature sembrano assomigliarsi e autoriprodursi. I richiami "grammaticali" sono evidenti, specie nel brano con le sette danzatrici in lunghe tuniche nere che evocano, o citano - con le tipiche contrazioni e rilassamenti, le braccia roteanti e a candelabro, i rotolamenti a terra, le mani che battono il petto - lo stile della Graham, ma anche di Mary Wigman nelle pose scultoree, e di Laban nei movimenti centrifughi e centripeti. Il gruppo musicale, dislocato in più punti della scena o in platea, viene inglobato nella messinscena con i danzatori che s'inseriscono tra i leggii e i musicisti muovendoli; si cristallizzano in forme scultoree, in tableaux vivant, in catene umane, in allungamenti e diagonali con grande lavorio di braccia protese, aguzze, di rotolamenti di corpi al suolo e con gambe alzate che sorreggono le partner, in composizioni stilizzate e con sbilanciamenti all'indietro, in spirali, fughe e ritorni al centro. In questa distribuzione spaziale dei corpi, protesi sempre verso un altrove, il luccichio del sipario argenteo subentrato a metà spettacolo rafforza l'atmosfera fredda e distaccata. Che non ci coinvolge.

"Métamorphoses", direzione e coreografia Sasha Waltz, compagnia Sasha Waltz & Guests e Mahler Chamber Orchestra, direttore Titus Engel, costumi Bernd Skodzig, disegno luci Martin Hauk drammaturgia Jochen Sandig, percussioni Robyn Schulkowsky. Al Teatro Comunale di Ferrara.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi