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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2014 alle ore 14:14.
L'ultima modifica è del 14 marzo 2014 alle ore 20:35.

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Si guardano dritto nelle pupille con sguardo complice Luca Ronconi e Witold Gombrowicz ed è: «Pornografia». Dall'incontro elettivo con lo scrittore polacco, Ronconi, elabora uno spettacolo di grande rigore stilistico corredato dalla consueta intelligenza e generosità di mestiere, affrontando la non facile riduzione drammaturgica e la complessità del testo, per trascinarci dentro la lettura interiore e scenica d'insani sentimenti posti al centro della umana perduta coscienza.

Un esperimento teatrale sofisticato, difficile da seguire, fatto di rivelazioni e abbagli, arrembaggi e imboscate. Fatto di parola che avviluppa e sprofonda. Fatto di dolente impasto di sostanza umana disillusa, della cupa e perfida dannazione della vecchiaia, di utopismo apocalittico, di noia esistenziale che sfocia in una rovinosa caduta libera verso i bassifondi dell'anima. Pubblicato nel 1960 il romanzo "sensualmente metafisico", è una tragedia borghese, dove la parola racconta, suggerisce, diventa gesto di erotismo e sopraffazione. A innescare il sadico gioco al massacro sono due diabolici attempati signori: Witold, corpo e voce di un meticoloso Riccardo Bini e Federico incarnato con fascino maudit da Paolo Pierobon, impegnati in una prova attoriale, estenuante sia dal punto di vista fisico che mentale.

Fuggiti da Varsavia durante la guerra, siamo nel 1943, ospiti in una villa nella campagna vicino a Ruda, i cinici vecchietti fra piacere corporale e celebrale, pulsioni sensuali, ira ed estasi, ammaliati dal profumo inebriante della gioventù imbastiscono un sordido piano di sublime ferocia per far innamorare una coppia di adolescenti: Enrichetta e Carlo. Si dipanano così le dinamiche distorte e intossicate della coppia di guardoni incalliti che scarnificano con occhio vizioso le due acerbe vittime, al contrario indifferenti uno verso l'altra. In un crescendo di logorroica e iperbolica perversione, i protagonisti schizzano fuori dal romanzo, diventano reali, grazie anche all'escamotage recitativo modulato sia in prima sia in terza persona con soggetto il proprio personaggio o i pensieri degli altri e con l'aggiunta di una voce di giuntura fuori campo.

Fondamentale è il gesto mimico in questo raffinato percorso attoriale che precede l'iter narrativo. Per Gombrowicz la vera dannazione dell'uomo non è la morte ma invecchiare, l'essere tagliati fuori dalla bellezza, quella che i due vecchiardi cercano disperatamente di ritrovare attraverso il tanto sognato amplesso tra i due ragazzi, traspongono la loro irrefrenabile pruderie nella virilità inesperta e irruenta di Carlo, come nella passeggiata in calesse, dove Witold s'illude che il ragazzo provi passione per lui: «Il solo pensiero che la sua bellezza cercasse la mia bruttezza mi faceva star male».

«Pornografia» di Witold Gombrowicz. In scena fino al 5 aprile al Piccolo Teatro Grassi

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