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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2014 alle ore 12:40.
L'ultima modifica è del 17 marzo 2014 alle ore 16:47.

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Dal 2012, Julian Assange fondatore di Wikileaks - l'organizzazione che raccoglie documenti coperti da segreto e li rende noti via Internet - vive a Londra nei locali dell'ambasciata dell'Ecuador. E' un rifugiato. Come lo sono, a Berlino, Sarah Harrison, Laura Poitras, Glenn Greenwald, Jacob Appelbaum, che si occupano di sicurezza nazionale e sono stati protagonisti del Datagate la rivelazione dei programmi di intercettazione e spionaggio attuati dall'agenzia americana Nsa (National Security Agency) e svelati da Edward Snowden, ex tecnico informatico della Cia, che oggi risiede in una località segreta in Russia.

L'8 marzo Assange in diretta Skype è intervenuto a un affollato meeting tenutosi al Convention Center di Austin, in Texas. Tema: la difesa della privacy e il contrasto delle politiche di controllo della libera attività dei cittadini. La comunità tecnologica americana, ma non solo quella, vive una specie di ossessione di sorveglianza perché - si afferma - cresce la privazione della libertà che arriva a rubare gli aspetti più privati e intimi. Assange nel suo intervento, ascoltabile su You Tube, ha sponsorizzato il sito di giornalismo investigativo, The Intercept, finanziato da Pierre Omidyar, fondatore di eBay e gestito da alcuni "rifugiati" di Berlino. Il presidente Barak Obama, dopo il "Datagate", è stato costretto ad annunciare una riforma ritenuta da molti insufficiente. E Mark Zuckerberg ha chiamato direttamente Obama per segnalare i danni subiti da Facebook dalle operazioni della Nsa. Sul suo profilo Facebook ha scritto che gli Usa devono essere "un esempio, non una minaccia" per il mondo di Internet. (Si veda l'articolo pubblicato dal sito del Sole 24 Ore il 14 marzo).

Fin dove può spingersi la sorveglianza, elemento costitutivo di uno Stato? Può arrivare a violare, come succede, privacy e libertà di pensiero degli individui? Il Datagate ha svelato una attività estesa a leader politici, uomini d'affari, diplomatici. Ma nelle intercettazioni una pluralità di uomini e donne è finita prigioniera del grande orecchio e del grande occhio di un potere che ormai agisce in uno spazio globale ed extraterritoriale avendo la tecnologia sbriciolato qualsiasi confine. La questione politica posta dai casi Assange e Snowden ha assunto un rilievo internazionale delicatissimo: per il fondatore di Wikileaks le attività dell'Nsa e del Pentagono rappresentano la "più aggressiva forma si sorveglianza di stato della storia". Certo, la possibilità di entrare nelle vite degli altri rilancia la riflessione sulla libertà nella società contemporanea dove tutto sembrerebbe affermare l'autonomia degli individui e la loro indipendenza dai condizionamenti. Quanto di più sbagliato.

Zygmunt Bauman, sociologo e pensatore polacco, sostiene che "oggi le società moderne appaiono talmente fluide che si può dire si trovino in una fase ‘liquida'. Cittadini, lavoratori, consumatori e viaggiatori odierni, sempre in moto ma spesso privi di certezza e legami durevoli, apprendono che i loro movimenti sono monitorizzati, tracciati e localizzati. Anche la sorveglianza scivola a poco a poco in uno stato liquido". E su questa inquietante realtà dei controlli pervasivi, impercettibili e invisibili ragiona nel suo ultimo saggio, "Sesto potere" (Laterza, pagg. 162, euro 16). Un libro-dialogo realizzato con David Lyon, direttore del Surveillance Studies Centre e docente alla Queen's University a Kingston nell'Ontario. I temi affrontati sono: internet, privacy, droni, cyber-vita, social-media, io-merce, facebook, twitter, comunità, solitudine, solidarietà, sistemi di sorveglianza (dal Panopticon alla sorveglianza liquida). Si incrociano autori come Bentham, Foucault, Orwell, Simmel, Kaufmann, Bourdieu, Deleuze, Derrida, Levinas, Judt. Molte sono le intuizioni su cui lavorare per approfondirne i risvolti concreti nella pratica quotidiana. Ad esempio c'è l'interpretazione della meteora "Los indignados", realtà che si era imposta nel 2011 in Spagna e in altri 90 paesi: movimenti senza leader e uniti solo dal rifiuto di qualcosa. L'impatto della folla nelle strade scuote sempre e fa pensare, ma spesso, dice Bauman, vedendo scorrere la fiumana di persone emergono gli elementi di debolezza che per "gli indignati" si sono riassunti in "una combinazione tra l'attenzione preminente all'opera da demolire e l'idea ancora molto vaga del mondo che nascerà il giorno dopo". Lo stesso fenomeno Grillo (non citato nel volume) può essere valutato con questa chiave.

Bauman offre strumenti di giudizio sui grandi temi, ad esempio il rapporto potere e politica dove si è consumata una profonda separazione con conseguenze immediate importartanti: prima fra tutte la riduzione a dimensione locale della politica e la globalizzazione del potere che, nella società liquida, guadagna una libertà di circolazione impressionante sfruttando la fragilità dei legami tra gli individui. Interessante, poi, la lettura dei social media come prodotto della frammentazione sociale e dell'incertezza endemica del mondo liquido. I social sono anche produttori di frammentazione ma non ne sono l'origine e la causa. Per restituire forza ai legami occorrerà privilegiare la ricostruzione della persona come valore, scommettere sulla cultura e lavorare sulle relazioni più che inventare strategie di contenimento o di demonizzazione delle tecnologie.

La sorveglianza ha modificato la psicologia dei professionisti del controllo, si serve di una pluralità di mezzi, s'insinua nelle abitudini che cambiano. Una di queste è il trasferimento del proprio privato nello spazio pubblico dei social network con la conseguenza di non distinguere più cosa debba essere pubblico e cosa debba restare privato. Le reti aumentano contatti ma non creano comunità, i legami restano deboli rendendo nel tempo più vulnerabile e fragile il soggetto. L'individuo, sostiene Bauman, arriva a dimenticare d'essere sorvegliato e di sua iniziativa, consapevolmente o inconsapevolmente, fornisce il più grande volume di informazioni personali alla sorveglianza attraverso il web, le carte di credito, l'attività social. Si innesca un sistema di "servitù volontaria" che aveva ben descritto Etienne de la Boétie nel suo dissacrante e sovversivo "Discorso sulla servitù volontaria" pubblicato clandestinamente nel 1576. Per Bauman si è diffuso un divario tra le aspettative sociali (che abbiamo interiorizzato) e le personali capacità pratiche di realizzarle. Questa frattura diventa "il più potente incentivo alla versione odierna della ‘servitù volontaria', che ci vede collaborare con la sorveglianza elettronica/digitale e che in ultima analisi non è né più né meno di un disperato tentativo di sfuggire alla solitudine (leggi: all'impotenza)". La riflessione sul potere diventa approfondimento della condizione umana, tema che sta molto a cuore a Bauman e su cui ha scritto testi importanti e mai privi di speranza e di indicazioni sulle vie da percorrere per uscire dalle nuove prigionie.

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